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Cosa deve insegnarci l'apocalisse di Ken il guerriero

Se non siete troppo giovani o troppo vecchi, se avete letà giusta, conoscete Ken il guerriero. Se avete letà giustissima, lo venerate: labbiamo conosciuto prima col cartone animato leggendario, poi in molti hanno voluto leggere il parimenti leggendario manga, per fare i confronti e perché sì; perché nel fumetto tizio aveva un nome diverso, mancava un pezzo del cartone o cera qualcosa in più. E perché ci sentivamo in dovere di comprarlo, visto lo you wa shock provocato da quelle immagini di violenza, devastazione, abbrutimento, speranza in un futuro impossibilmente luminoso, amicizia maschile.

Uno shock speculare a quello prodotto dal cartone dei cartoni: Conan, il ragazzo del futuro. Se non siete daccordo sul suo status di re dei re, siete liberi di sbagliare. Non è la sede per parlarne, quindi ve lo lascio come tema da svolgere a casa: “Perché Ken il guerriero è lesatto contrario di Conan, il ragazzo del futuro.”

Viviamo tempi difficili, anche se la fine del XX secolo è passata da un pezzo. Crisi, guerre civili a bassa e media intensità, prospettive di carestia, lo spettro dellatomica mai così materiale per le nuove generazioni. Per chi non cera negli anni Ottanta o negli anni Sessanta. Essendo alquanto nichilista, la cosa non mi preoccupa più di tanto: mal che vada, finirà alla End of Evangelion, moriremo tutti assieme appassionatamente, forse non avremo neanche il tempo di sentire Komm, süsser todd che ci accompagna in sottofondo. Eppure, più perché il cervello qualcosa deve fare, in qualche modo, che per esorcizzare la paura del botto definitivo, mi capita di pensarci. Quale sarebbe il mio ruolo nella catastrofe nucleare, prima e dopo?

Nel mondo di Ken il guerriero, lerrore fatale lo conosciamo tutti e ha la forma di un fungo atomico, replicato decine o centinaia di volte. Ne segue uno altrettanto grave, che precede e accompagna le valigette coi codici segreti, i pulsantoni rossi e tutti i rituali di fine del mondo. Abbiamo tutti presente i sopravvissuti, quelli che hanno trovato posto nei rifugi: per semplificare, un 49% abbondante di fetenti, assassini, criminali psicopatici con smanie dittatoriali, e un 49% abbondante di brava gente, con un livello tecnologico e di alfabetizzazione riconducibile alletà della pietra. Arriviamo al 100% con Ken e gli altri buoni, fanno categoria a sè.

Il mondo di Ken non ha possibilità di essere ricostruito: è destinato a uneterna economia di sussistenza (la qual cosa potrebbe pure avere una connotazione positiva), sempre che il 49% abbondante di balordi non traghetti lumanità verso la sciagura finale, sterminando lunica parte in qualche modo produttiva con la carestia e la costruzione di piramidi. Mausolei dal gusto quantomeno dubbio e dallinutilità che rivaleggia esclusivamente con lo sforzo necessario alla costruzione.

Che fine hanno fatto gli scienziati, i medici, gli ingegneri, i tecnici in generale? Tutti rimasti fuori dai rifugi, a prendere la tintarella atomica su una sdraio?

Il mondo di Ken è un mondo senza conoscenze, un mondo che va avanti finché va, poi basta. I lavoratori sono poveri, vessati, il livello massimo di tecnologia cui aspirino è una zappa; i fetenti vivono, presumibilmente, di armi e, soprattutto, veicoli del passato, razziati da qualche parte e che funzioneranno fino a quando non sarà stata bruciata lintera riserva di combustibile. Mi risulta difficile credere che, in quel mondo, ci sia qualcuno in grado di estrarre e lavorare il petrolio. Che ne abbia voglia, pure: perché lavorare, quando puoi andare in giro e sterminare gli unici che sappiano come allevare un pollo o seminare una zucca?

Questo è il problema di Ken il guerriero: sono arrivati allenergia nucleare e non si sono premurati di conservare le competenze, di tutelarne i custodi e di renderle fruibili, in qualche modo, in un mondo riazzerato. Bisognerà uscire dalle caverne e rifare tutta la trafila, come se lumanità ne avesse voglia una seconda volta. Dopo una catastrofe di proporzioni planetarie, non arriveremo mai più a un nuovo microprocessore, ecco il sunto.

Questa è la mia preoccupazione per il dopobomba: preoccupazione per modo di dire, visto che sarei comunque già polvere. Preoccupazione perché, come dicevamo, le rotelle del cervello devono girare, anche a vuoto. Sarò nel bunker, tenuto chiuso dal sacrificio di Toki, tra pescatori e assassini? Mi meriterei la sopravvivenza, sarei di una qualche utilità in un mondo da rifare da zero? No.

Un minimo, magari. Potrei zappare, non avendo in vita accumulato alcuna competenza legata ai livelli più basilari e fondamentali dellesistenza. Dovrei lasciare il posto nel rifugio: lo farei serenamente, con tranquillità. Nessun rimorso, a parte quello di esser stato ininfluente nel grande disegno dellumanità. Tutti possono zappare, età e condizione fisica permettendo.

Magari se ne stanno preoccupando ai Piani Alti, magari sono anche loro tifosi del Grande Botto Finale. Se ne staranno sulla sdraio in pigiama e babbucce, comodità prima di tutto. Sorseggiando una cedrata di una nota marca. Lo spot di quella bibita giallastra sarà lunica cosa a sopravvivere allautodistruzione finale.

Eppure, equidistante da Ken e Conan, potrebbe esserci sarebbe una terza via: la via del Dr. Stone. Tra le tre, la via più casuale.

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