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# Deadly Dusk: il film infinito"
https://youtu.be/ULGij2puWKA
L'infinito non si riferisce alla durata; il cortometraggio non ha fine, non è stato mai finito per davvero, per una lunga serie di motivi, sintetizzabili in un solo, grosso problema: col senno di poi, a 25 anni dalle prime riprese (1997-2025), è chiaro che siano stati commessi tutti gli errori possibili nella realizzazione di un cortometraggio.
Non c'è niente di particolarmente nuovo nell'idea di girare qualcosa: un gruppo qualsiasi di amici, una telecamera, nella migliore delle ipotesi, un'idea. Possibilmente semplice, asciutta. Ci si butta sull'idea, nella maniera più avventata possibile e, da lì in poi, è divertimento puro. Fino a un certo punto, ovvero quando si deve estrarre qualcosa di sensato dal caso, ma ne parlo dopo.
Erano gli anni della Playstation, la prima, la PSX, la console che ha traghettato il videogioco domestico dal 2D al 3D. Nel mondo PC, la differenza non è stata così netta: il 3D, in un certo modo, già c'era. Il Super Nintendo, lo Snes, la più grande console della storia, era ormai a fine vita, assieme alla macchina rivale, il Megadrive/Genesis: la grafica bidimensionale, che ancora vive in un'estetica immortale e resiste nei videogiochi indie, stava temporaneamente perdendo il suo fascino, dovendo rivaleggiare coi poligoni che iniziavano a spuntare in sala giochi. Sega, con una certa ingenuità, fece il salto nella generazione successiva col Saturn: macchina ancora orientata al 2D e dall'architettura piuttosto bizzarra, molto difficile da programmare. Ebbe i suoi successi in determinate categorie di giochi, in Giappone, ma era un oggetto fuori dal suo tempo. Alla Sony scommisero sul cavallo giusto, imponendo il marchio come sinonimo di videogioco casalingo; ancora oggi è così, con buona pace della Microsoft e della schizofrenia nel battesimo delle sue macchine.
Con la PSX, arrivarono i CD e, con questi, il FMV per tutti. Full Motion Video: nient'altro che filmati a tutto schermo, già esistevano da decenni, ma non avevano mai raggiunto una diffusione popolare. Arrivò anche Resident Evil/Biohazard: anche stavolta non inventando niente, il survival horror a poligoni già esisteva e si chiamava [Alone in the dark](https://www.mobygames.com/game/dos/alone-in-the-dark). Non inventando nulla ma, ancora una volta, portando il genere all'attenzione di un pubblico vastissimo.
Resident Evil, uso il nome occidentale perché è così che l'abbiamo conosciuto e giocato (io guardavo solo gli amici giocarci, lo installai su PC ma non ci giocai mai per davvero, da solo mi faceva troppa paura, coi suoi cani, le mani dalle pareti). [Iniziava con una sequenza in FMV](https://youtu.be/UWo0Hhx07Pc) a dir poco ridicola, oggi, ma che fece scalpore ai suoi tempi. Una cosa brutta, pacchiana, girata male, roba da film d'azione del giovedì di Italia 1: uno shock, nonostante tutto.
S.S., il motore perpetuo alla base del corto, evidentemente ispirato da quella intro che ha fatto storia, dice: "vogliamo fare un film di zombi?". E facciamolo, questo film di zombi. Come si inizia a girare un film, di zombi o di qualsiasi altra cosa? Senza una macchina da presa, ovvio.
Dopo qualche tempo, saltò fuori videocamera VHS-C, la versione ridotta della classica videocassetta. Un adattatore era necessario per riprodurre la cassettina nel videoregistratore, questo adattatore apparteneva ai fratelli C., gli ultimi ad aver posseduto il primo, mitologico, girato. Avevamo la videocamera, avevamo l'adattatore: il film era fatto e finito, quindi. Nessuno, neanche per un istante, pensò che non avremmo avuto poi, in alcun modo, acquisire i filmati, aggiungere suoni e musiche, il necessario doppiaggio, nulla. Non era un problema, eravamo nella fase iniziale, quella di euforia e divertimento puri.
Correva l'anno 1997, inizi di agosto. Ricordo l'anno perché avevo comprato un computer potente, pochi mesi prima, e l'anno si legge chiaramente sul preventivo.
![Preventivo esagerato](../img/computerdiqualchetempofa.jpg)
Nel pomeriggio di quel primo giorno di riprese, mi sarei poi rivolto al provider internet locale, perché agli albori era da loro che bisognava passare. E si pagava, se ricordate.
Le prime riprese le facemmo nella pineta comunale, come detto, di buon mattino. Alle 6, incontro all'angolo del nostro fidato bar. Ci presentiamo con una sacca piena di picconi, mazze e altri oggetti dall'aspetto pericoloso, arriviamo alla spicciolata e dalle poche automobili di passaggio ci lanciano sguardi dubbiosi e interrogativi. Giustamente. Ci avviamo per i vialetti della pineta, all'epoca ancora alberati, con la videocamera accesa, senza alcuno studio delle inquadrature, riprendendo a braccio azioni casuali e dialoghi artefatti e terrificanti. Qualche vecchio, una categoria storicamente mattiniera, già gironzola in zona e ci guarda con curiosità, incredibilmente senza prenderci a maleparole. La scena madre della giornata: fingiamo di accorgerci di essere inseguiti da qualcuno o qualcosa, probabilmente un'orda di morti viventi, e ci accalchiamo scompostamente a uno degli ingressi della scuola elementare locale, urlando e percuotendo furiosamente le porte, come a implorare gli occupanti a offrirci rifugio. Fine del primo giorno di riprese.
Secondo giorno, giriamo all'interno della scuola, abbiamo potuto disporne per qualche ora per gentile concessione di un amico mio delle superiori, figlio della custode. La storia continua senza alcuna connessione con quanto visto prima: ci eravamo lasciati a picchiare sulle porte e ora siamo dentro, senza che qualcuno ci abbia fatto entrare e senza aver spaccato una serratura o chissà cosa; come se ci fossimo teletrasportati all'interno. Si inizia a girovagare per i vasti ambienti, tentando di riproporre quella sorta di spaesamento avvertito all'inizio di Resident Evil, coi protagonisti. Di sera, stavolta, con la presenza di diversi spettatori, i familiari di questo amico mio, incuriositi dalla lavorazione di un "film".
![Screenshot da Wikipedia](../img/residentevilinizio.jpg)
Qua nasce il tormentone, a opera di F.C.: "è immenso…" Dopo averlo ripetuto una decina di volte, praticamente alla vista di un nuovo ambiente, fosse anche uno sgabuzzino, la cosa è diventata abbastanza comica, scatenando l'ilarità generale. In questa grande immensità, continuiamo a fare le nostre cose, metodicamente senza alcuna programmazione, finché capiamo che non è più aria e dobbiamo smammare: va bene l'amicizia, la disponibilità, la curiosità, ma non siamo più ospiti graditi.
Prima pausa nella lavorazione, durata quanto? Mesi, anni? Molti mesi, di sicuro. La videocamera torna al legittimo proprietario, chiunque sia stato, e le riprese cominciano a girare tra noi, la cassettina VHS-C con l'adattatore: i videoregistratori ancora erano in ogni casa. Qualche tempo dopo, compro a rate una costosissima, per me, videocamera MiniDV della Sony: 1.600 euro, rivenduta per 400. Facciamo il salto dall'analogico al digitale, da una risoluzione di 576x240 (credo) a 720x576; stavolta potremo acquisire le riprese con una scheda Firewire che ancora possiedo ed è installata nel computer da cui sto scrivendo, anche se disattivata.
Seconda locazione, lo scantinato, non rifinito, del palazzo di A.R., anche stavolta giriamo sotto gli occhi divertiti di parenti e amici. La parte più rilevante della serata: la creazione dello zombi veloce, anche stavolta prima che la figura fosse metabolizzata a Hollywood. Il piano era questo: filmare il solito gruppetto di zombi, una ripresa laterale, intento a percorrere questo grande locale in tutta la sua lunghezza, per dirigersi dove? Il nostro eroe avrebbe avuto tutto lo spazio per sfuggire all'attacco, anche questa scena era sostanzialmente inutile e senza senso. Quasi neanche il tempo di avviare la videocamera e vediamo partire quello che sarà definito, subito dopo, lo zombi più veloce del mondo: L.E. parte di gran carriera ed è dall'altro lato in un paio di falcate, staccando tutto e tutti. Riprese perse, anche stavolta.
Riusciamo a girare in un altro scantinato, per un paio di sessioni, ma non ricordo momenti rilevanti. Credo che le scene buie in strada, con le inquadrature sui vagoni ferroviari, siano state girate allora. Un momento di sicuro rilievo, invece, è l'esplosione dell'anguria, uno studio per gli effetti speciali. Questa la motivazione ufficiale, quando poi sappiamo tutti che è divertente fare esplodere le cose; non provateci a casa.
Non ci provammo a casa, infatti: scegliemmo il tratto chiuso, in rifacimento, di una superstrada. Stavano costruendo un tratto per l'inversione di marcia, uno svincolo, qualcosa del genere. Faceva caldo, sole a picchio, la gente era altrove. A.C., alla cui memoria dedichiamo il cortometraggio, vendeva frutta e verdura. Non sapevamo come replicare l'esplosione della zucca di uno zombi con gli effetti speciali: per questo ruolo, ancora non si era offerto un mio amico, N.C., il cui unico contributo a questo corto è stato, per l'appunto, offrirsi per la realizzazione degli effetti speciali in After Effects. Scegliemmo la via delle zucche e dell'analogico. A.C. ci fece dono di un paio di poderosi cocomeri, uno dei quali non si sa che fine abbia poi fatto, visto che ne usammo solo uno, il più grande.
Arriva il grande giorno, un mattino domenicale incendiato da un sole implacabile, l'aria calda distorce la visuale già a pochi metri di distanza: i metri che separano noi dal cocomero. Un cocomero imbottito di petardi, di scarsa potenza. Forse anche un paio di magnum, ma non sono esperto di fuochi artificiali, il tutto innaffiato da un qualche liquido combustibile, col quale disegnamo una lunga striscia a terra, per dar fuoco alle polveri da lontano. In effetti, ci andiamo a posizionare a una distanza di sicurezza quasi da bomba atomica. Posiziono la telecamera su un qualcosa, non disponendo di un cavalletto, zoom al massimo, avvio la ripresa e diamo fuoco alla striscia di combustibile: la fiamma si propaga fino all'anguria, passano diversi secondi. Niente. Un ordigno inesploso vegetale, sembrerebbe, poi qualcosa inizia a scoppiettare. Prima i petardi più piccini, pezzetti di buccia e polpa schizzano in aria, il frutto è avviluppato dalle fiamme, poi il gran finale: l'artiglieria pesante, i pochi magnum esplodono frantumando l'anguria, missione completa!
Grande l'ilarità, sia al momento che dopo, quando abbiamo rivisto il filmato. Video andato perso, tanto per cambiare, sarebbe stato inutile in ogni caso. Come avremmo potuto usare quell'esplosione, come avremmo potuto sostituirla alla testa di un qualsiasi zombi? Intanto, era di forma così allungata da ricordare più verosimilmente la testa di un alien. Poi, per gradire, non c'era modo di isolare l'esplosione per utilizzarla in sede di montaggio. Finiscono qui le riprese in esterno, ma non tramontano i sogni di gloria.
![Protagonista sta per entrare in un ambiente chiuso](../img/dd06.jpg)
Altre riprese, sempre in periodo estivo, nello scantinato del palazzo di F.I., in cui giriamo delle scene che finiranno in un paio di trailer, ovviamente andati persi. Ci sono stati dei cambi in formazione: assenti, stavolta, i fratelli C., egregiamente sostituiti da A.D., A.S. e F.D.L., truccati in maniera impeccabile e professionale con una miscela di farina e pomodoro. Mancava solo aglio e origano, poi avremmo potuto farci le pizze alla marinara. I trailer mostravano delle sequenze accelerate della marea di zombi, dove marea sta a indicare il numero 5, col protagonista che punta la pistola e della musica classica in sottofondo, per i soliti problemi di diritti. Requiem di Verdi, Dies Irae nello specifico. Curiosità: uno degli zombi spicca particolarmente, da una delle rarissime (due) foto di repertorio. Una sorta di panettiere elegante, con la cravatta: la figura primigenia, non ancora finita nel cinema mainstream, dello zombi dandy. Stava andando tutto bene: locazione interessante, si potevano sfruttare vari angoli per le inquadrature, avevamo pure adornato la scala di cemento grezzo con lumi e lumini... quando una sua zia ha preso fischi per fiaschi e, credendo che utilizzassimo lo scantinato per riti proibiliti, in odore di zolfo, si è gentilmente opposta alle riprese. Tradotto: non ci hanno presi a pedate prima di chiamare un esorcista, ma l'idea era quella.
Riusciamo a tornare nella scuola elementare, dove tutto era iniziato, così credo di ricordare. La prima volta, il permesso ci era stato accordato in quanto amici del figlio maggiore della custode, ora ci abbiamo riprovato come amici del figlio minore. Si ripetono le dinamiche della prima sessione di riprese, senza nulla di interessante da raccontare: non ricordo particolari guizzi o situazioni. Tutto il girato perso, che novità.
Si ricomincia, ultime locazioni disponibili, stavolta potremmo fare il colpaccio: o la va o la spacca.: Qualcosa ci dice che non ci saranno altre possibilità, stavolta vogliamo fare le cose in grande. Altre armi giocattolo a disposizione; telecamerina Canon con cui abbiamo fatto altre riprese in precedenza: per l'esplosione del cocomero disponevo ancora della Sony, venduta poco dopo. Un drappo di stoffa blu che avremmo usato per inserire la figura di un mago/stregone, gentilmente donatoci da un sarto, dopo avergli donato dei soldi. Addirittura un paio di faretti!
Giriamo delle scene nella casa di allora di S.S., precisamente la scena col maniaco che cerca di sorprendere il protagonista, brandendo un coltellaccio da cucina. Tutto liscio, da lì nessuno può mandarci via e ce la caviamo in una serata o due.
![Silhouette del protagonista](../img/dd00.jpg)
Ancora una scuola, ancora grazie a una conoscenza/parentela coi relativi custodi. Arriviamo col nostro armamentario, custodi e famiglie non fanno storie. Sì, famiglie: ogni primo giorno di ripresa, sembrava fosse arrivato il circo in città, è sempre stato così. L'ambiente è ampio, illuminato a tratti: a quell'ora, le luci dovrebbero essere spente, così ci premuriamo di accenderle a intermittenza. I faretti li posizioniamo da qualche parte, non so quanto abbiano influito davvero, probabilmente nulla. Ci sono corridoi, diversi piani, sgabuzzini, tutto quello già visto nell'altro edificio scolastico. Stavolta, però, c'è un giardino, ed è davvero tetro. Perfetto per quello che dovevamo fare, anche se non sapevamo cosa fare e perché. Disponevamo della palestra, quale luogo migliore per ambientare lo scontro finale con lo stregone? Il grosso delle scene del corto, alla fine, viene proprio da questa locazione. Sembrava esser andato tutto bene, invece... c'è sempre un invece, o più di uno.
![Fotogramma poco chiaro](../img/dd05.jpg)
Le ultime riprese le ho fatte con una vecchia videocamera, ovviamente sempre MiniDV, presa su Ebay. Registrava anche in progressivo, caratteristica usuale per macchine di quella fascia, tanto che nelle prime scene, avendo dimenticato di attivare la funzione, si notano chiaramente gli artefatti del video interlacciato. Avevo una sola batteria e le batterie, se non ricordo male, in aggeggi come le telecamere funzionano come un interruttore acceso/spento: funzionano, poi si scaricano e la telecamera si spegne, da 100 a 0 in un istante. Non chiedetemene il perché e il percome, ma quella Canon si affievoliva gradualmente, col girato che diventava sempre più buio, fino allo spegnimento totale. E non era neanche il peggio. Quel modello, in particolare, soffriva di un difetto funesto e abbastanza diffuso, che si acuì nelle ultime sere: all'improvviso, senza qualsiasi correlazione con stimoli esterni, iniziava a riavvolgere in modalità rewind, facendo fuoriuscire il nastro e rovinando, chiaramente, parte del girato. Non c'era modo di fermarla, se non strappando fisicamente la batteria: l'operazione portava via diversi secondi di tempo e diversi metri di nastro rovinato: è così che sono andate perse, tra le altre, quasi tutte le scene nel giardino, quelle dall'impatto visivo più efficace. Mi sentivo male fisicamente quando partiva quel riavvolgimento assassino, ma non potevo farci nulla. Bisognava riavvolgere il tempo.
![Visuale laterale di una pistola giocattolo](../img/dd01.jpg)
Fine delle riprese, per sempre. Mi ritrovo con due o tre cassettine da acquisire: per far ciò, all'epoca e con le MiniDV, bisognava collegare la macchina al pc con porta Firewire di cui sopra e avviare la riproduzione. Un'ora di girato richiedeva un'ora per l'acquisizione, per intenderci. Due o tre cassette da 60 minuti da acquisire, con la Canon che può distruggere una parte del nastro da un momento all'altro. Altre riprese, infatti, si perdono così. Tutto finisce su un DVD, penso alla fine anni e anni di riprese si siano concretizzati in un paio di GB al massimo. Una copia di questo DVD finisce al mio amico N.C., il "mago" dei VFX cui accennavo prima. "Non posso usare le riprese in alcun modo, è tutto troppo buio per il tracking." Gulp. Aveva ragione: era quasi tutto troppo buio per tracciare gli elementi in After Effects e sincronizzare a video gli effetti speciali, N.C. avrebbe dovuto farlo praticamente a mano, fotogramma per fotogramma o giù di lì. A esser sinceri, non sarebbe riuscito a tirarne fuori qualcosa di decente anche da un buon materiale di partenza: giustamente, non era un professionista e faceva ben altro nella vita, mi aveva mostrato alcune brevi sequenze da lui realizzate e si trattava, né più né meno, di roba ottenuta seguendo pari pari un qualche tutorial. Di utilizzabile, alla fine, ci è rimasto quello che avete visto (si spera) e poco più. Alcuni minuti in più, che allungavano soltanto il brodo: camminate, pistole puntate, un tratto di strada aggiuntivo.
![Colluttazione tra buono e cattivo](../img/dd04.jpg)
Quasi il momento di chiudere questo racconto, esaminiamo gli errori tecnici. Li abbiamo collezionati tutti, non ci siamo fatti mancare niente. Le prime riprese, quelle con su VHS-C, non avremmo potuto acquisirle in alcun modo: questo esclude a monte qualsiasi altra problematica successiva. Ok, avremmo potuto fare una sorta di montaggio usando due videoregistratori, in teoria; in pratica, no. La realizzazione di un cortometraggio/film richiede, semplificando, quattro elementi di base, in ordine di importanza: storia, sonoro, luci, videocamera. Non faccio video e non racconto storie, quindi questa storia dei quattro elementi non ha particolari basi tecniche.
![La ripresa migliore del corto](../img/dd03.jpg)
La storia, ovviamente, perché bisogna avere qualcosa da raccontare. A meno che non si riescano a produrre immagini tanto potenti da ipnotizzare lo spettatore. Noi, in realtà, non abbiamo mai sviluppato una vera narrazione, non ci siamo mai preoccupati di stabilire un percorso narrativo sensato. Il soggetto può essere facilmente inquadrato come high concept: con le sue arti nere, uno stregone anima un esercito di zombi, un eroe appare dal nulla e sistema le cose. Lo stregone, all'inizio, non c'era neanche: elemento aggiunto in corsa, come tutti gli altri. In questo montaggio, all'inizio vediamo il protagonista leggere quello che, nelle nostre intenzioni, è un antico tomo con iscrizioni arcane, un'agenda nella realtà. Era una delle ultime scene girate, quell'immaginario libro polveroso, una versione vernacolare del Necronomicon, avrebbe dovuto spiegare qualcosa dello stregone, evidenziarne i punti deboli, descriverne i poteri o chissà cos'altro. L'ho spostata all'inizio, più perché alla fine non aveva alcun senso che per suggerire un flashback. Una storia simile, così genuinamente rozza e ingenuamente sgrammaticata, avrebbe davvero potuto conquistare l'attenzione di un eventuale pubblico per più di qualche minuto?
Il sonoro. Ovvio, a meno che non si tratti di un film muto; musica o effetti sonori sono obbligatori, al giorno d'oggi, com'è obbligatorio che siano di una certa qualità. Un sonoro scarso rovina il film molto più che una qualità scarsa dell'immagine. Nelle nostre intenzioni, il corto sarebbe stato doppiato e accompagnato da effetti sonori e musica. Non avevamo scritto neanche una riga di dialogo, nelle scene disponibili si vedono delle labbra muoversi per un paio di secondi e basta. Nelle scene perse del 1997, i protagonisti parlano, straparlano, ma il suono è quello della videocamera, a metri di distanza, disturbato dai suoni ambientali. Come per acquisizione e montaggio, non avevamo alcun modo di registrare "in studio" e aggiungere una traccia audio. Per le scene delle annate successive, registrate su MiniDV, avremmo voluto aggiungere qualche effetto sonoro e piazzare dei pezzi musicali di nostro gradimento, fingendo di non essere a conoscenza di quelli che chiamano "diritti d'autore". Nel 2022, visto che la legge non ammette ignoranza, ho usato dei brani della libreria gratuita di Youtube. Nessun effetto sonoro.
Le luci. Come per il sonoro, anche questo può sembrare strano a chiunque sia totalmente a digiuno della materia, ma le luci sono tutto. Non abbiamo avuto bisogno di usare luci giustificate, non sapevamo neanche cosa fossero. Bilanciamento del bianco totalmente ignorato, come luci ci siamo fatti bastare quelle degli ambienti: vecchie lampadine a incandescenza, all'epoca quelle ancora si usavano; neon che sfarfallano, all'esterno quel che arriva delle luci dei lampioni. Unica aggiunta, il paio di faretti di cui ho parlato prima. Faretti con metri e metri di prolunga, non li usammo quasi mai e mai sensatamente. Il risultato schizofrenico, mitigato dalla conversione in bianco e nero, è evidentissimo nel video a colori: luci di varie temperature, prima fredde, poi calde, poi ancora fredde. Scene girate consapevolmente quasi nel buio, tralasciando quelle inghiottite dalla batteria prossima alla morte. A posteri, oggi, avrei potuto tentare di recuperare qualcosa in DaVinci Resolve, ma ho una conoscenza minima del programma e, onestamente, da quel girato c'era ben poco da recuperare. Ho giocherellato con le ombre e le alte luci di qualche segmento, comunque.
Ultimo elemento, stranamente, la videocamera. Disponendo dei tre elementi citati, si può girare qualcosa di decente anche con un telefonino odierno, di fascia alta. Certo, con le limitazioni intrinseche degli stessi, ma se ne cavare qualche risultato anche professionale. Abbiamo ben presente quegli articolacci in cui leggiamo "il famosissimo regista X ha girato un intero cortometraggio col suo telefonino". Tralasciando un set di luci, diffusori, pannelli e supporti da centinaia di migliaia di euro, una squadra al completo di operatori, tecnici del suono con tutta l'attrezzatura, elettricisti, tutto. Alla luce di ciò, le videocamere utilizzate si sono rivelate l'anello meno debole della catena, abbiamo sbagliato semplicemente tutto il resto. Videocamere tutte in automatico e via, comunque, anche perché non è che quei modelli permettessero chissà quali impostazioni manuali. Non che avessi mai ipotizzato di usare le impostazioni manuali. Le videocamere ce le facciamo andare bene, quindi, a parte la Canon che ci ha letteralmente mangiato un quarto di girato.
Abbiamo girato tutto alla prima, senza badare alla posizione degli elementi nella scena, regola dei 30° ignorata (credo di aver anche accentuato questa mancanza nel montaggio), nessuna corrispondenza visuale tra una scena e la seguente, se non quando deciso dal caso.
Al netto di questi errori colossali, c'era anche un altro problema insormontabile: proprio in quegli anni, quando noi cercavamo di finire quello che avevamo iniziato anni prima, iniziavano a uscire cortometraggi "amatoriali" realizzati con budget da migliaia di euro, da team di amatori avanzati o gente con un piede nel professionismo. Il nostro filmino rustico sarebbe uscito sconfitto da qualsiasi confronto, i tempi delle realizzazioni a costo zero erano già finiti, sempre che siano esistiti davvero. E non sono mai esistiti per davvero.
Ha avuto senso restare attaccati a questo progetto insensato e irrealizzabile, per anni e anni? Sì, fortissimamente. Ha fatto da collante per lustri, ce l'avevamo in testa a girare in background, un pensiero che andava periodicamente in letargo. Giorni e giorni di divertimento, l'illusione gioiosa di ottenerne qualcosa da mostrare al mondo, qualche screzio nella lavorazione. Capita nelle migliori produzioni. In quegli anni siamo stati tutti insieme, potevamo incontrarci a piedi in una ventina di minuti al massimo, eravamo giovani e il futuro sembrava tanto lontano da non poter essere mai raggiunto. Ora quel futuro è tra noi, siamo sparpagliati per l'Italia e non solo, abbiamo molti capelli grigi o bianchi, o molti capelli in meno. E del "film di zombi" e di tutto il contorno abbiamo una montagna di ricordi, anche più romanzati del dovuto, perché è così che funziona il cervello umano, a differenza dei bit immutabili di un disco rigido.
Quel film di zombi, il film che non è stato e non sarà, è una di quelle cose che cementano le amicizie.