inizializzazione

This commit is contained in:
c64 2023-05-13 10:31:10 +02:00
commit 638bdeca6e
25 changed files with 643 additions and 0 deletions

0
README.md Normal file
View File

View File

@ -0,0 +1,20 @@
+++
title = "Il Markdown deve bastare"
date = "2021-11-03T12:14:46+01:00"
description = "Il Markdown dovrebbe essere sufficiente per la formattazione quotidiana"
draft = false
+++
## E avanzare pure.
Siti dinamici: più croce che delizia, direi; indispensabili, sembrerebbe, anche solo per il classico sito monopagina. Piacciono anche a me, ne ho uno schifoso da qualche parte, fatto per capire qualche meccanismo. Quella singola pagina, solitamente, basta a veicolare tutte le informazioni necessarie: chi sono, che ho fatto, che vorrei fare, come contattarmi: perché ricorrere a database, CMS[^1], valanghe di plugin coi loro aggiornamenti e le possibili vulnerabilità, css, php, html, javascript, ~~Flash~~, ~~Silverlight~~, cookie, tracker... ok: un bel po' di questa roba è quasi obbligatoria. Non per me, non per questo sito.
Tutto materiale che introduce peso[^2], complessità[^3], lentezza[^4].
Il **MarkDown**, invece, è agile, snello. È un eterno file di testo, perché in eterno saranno leggibili quei file: la sintassi di base richiede pochi minuti per essere memorizzata, anche ai tordi come me. Basta un qualsiasi editor testuale, attualmente uso Notepad++.[^5]
[^1]: Content Management System, strumenti e interfacce per gestire siti anche senza scrivere una linea di codice, Wordpress il più diffuso.
[^2]: Un qualsiasi sito odierno (autunno 2021 mentre scrivo), ai tempi dei modem 33,6 e 56k, avrebbe richiesto minuti su minuti di caricamento: ricordate gli mp3 e Winmx, il trionfo di un file da due o tre mega al 100%? La mole di dati è analoga, anzi: quegli mp3 a 128 kB, probabilmente, pesavano anche meno della famosa, moderna singola pagina.
[^3]: La mostruosa sequenza di eventi e meccanismi di cui sopra, necessaria a visualizzare tre linee di testo che, probabilmente, neanche vale la pena leggere. Come queste, ma sto usando il MarkDown. Almeno.
[^4]: A due secondi dall'invio, se il sito non è ancora stato visualizzato, iniziano gli attacchi di panico; al terzo secondo, gli occhi ruotano nelle loro orbite, mostrando ormai il solo bianco. Si sta già cercando altro, freneticamente, dopo soli 4 secondi.
[^5]: https://notepad-plus-plus.org/

4
post/_index.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,4 @@
---
title: "Articoli"
date: 2017-03-02
---

42
post/alternative-social.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,42 @@
# Alternative ai mai troppo odiati social grossi
---
I soliti noti fanno capo a Facebook, generalmente, anche se si è rifatto il trucco finendo sotto l'ombrello di Meta. Sempre di Facebook parliamo, con tutte le brutture e le storture che ciò comporta.
Si è parlato a sufficienza e oltre del monopolio di fatto, della vendita dei dati degli utenti, della devastazione del concetto di privacy, della capacità appurata di condizionare elezioni e peggiorare l'umanità, quindi non è il caso di insistere ulteriormente: chi aveva intenzione di abbandonare quella nave, l'ha già fatto; quelli a cui non importa niente, invece, di sicuro non staranno qua a leggere.
Passiamo, quindi, alle alternative solitamente (sempre?) [**FOSS**](https://it.wikipedia.org/wiki/Free_and_Open_Source_Software), quelle da me provate. Possibile che non ricadano in quella definizione, ma non so districarmi in quello che può diventare un ginepraio, ovvero le licenze del software open. Di sicuro, il codice sorgente dovrebbe essere aperto. Parte dei nomi che leggerete rientra nel [Fediverso](https://fediverse.party/), (seguite il link per visualizzare anche le offerte saltate in questo articolo), mondo social alternativo che ingloba diversi progetti uniti dalla stessa filosofia.
**Alternativa a Twitter: [Mastodon](https://joinmastodon.org).**
Quindi: una versione aperta di Twitter, microblogging, 500 caratteri a post, qui chiamato toot. La differenza principale è nella mancanza di un algoritmo che si occupi di fornirci i risultati ritenuti rilevanti per noi, fino a lavarci il cervello e trascinarci nel baratro del doomscrolling: in Mastodon, c'è un semplice ordine cronologico, tutti i toot sono uguali e non ce ne sono di più uguali degli altri.
L'altra differenza sostanziale è nella decentralizzazione, concetto alla base di molte alternative ai social grossi: non esistono molteplici server facenti capo tutti a una singola entità, bensi diverse istanze, ciascuna con le sue regole e i suoi termini di servizio, in grado di comunicare tra loro. Il modello, in breve, è quello dell'email: tutti i domini/provider possono scambiarsi messaggi con lo stesso protocollo e l'utente necessita di un solo account.
Chiunque abbia conoscenze, un server personale (anche una macchina virtuale in cloud) e un dominio da associare, può metter su la propria istanza e federarla. Non è detto che un'istanza sia connessa a tutte le altre: ne esistono di problematiche, quindi l'interconnessione non è automatica e data per scontata.
Le regole, come detto, sono dettate dai proprietari/gestori del server; c'è solitamente un tema, una direzione di fondo e, istanze problematiche a parte (tenute spesso fuori dal giro), non c'è un gran lavoro per i moderatori, tutti umani, e la timeline non è un dissing infinito o una royal rumble, come per Twitter. Ho due account su due istanze, non ho mai visto gente litigare sul serio.
Mastodon offre tre timeline: una col feed degli account seguiti, una relativa all'intera istanza e l'ultima comprensiva dell'intera federazione. L'interfaccia può essere simile a quella di Twitter, a singola colonna, o divisa in più colonne, come per Twitterdeck.
Si possono allegare fino a 4 immagini, incorporare video e link, aggiungere tag. Sulle istanze che lo permettono, si possono usare bot e seguire account di Twitter in sola lettura passando per appositi bridge per **ActivityPub**, il protocollo alla base di questi social alternativi. [BirdsiteLIVE](https://beta.birdsite.live/) è tra questi.
Tra le istanze italiane più popolose, [mastodon.uno](https://mastodon.uno/about) e [livellosegreto.it](https://livellosegreto.it/about). Un indirizzo email valido è necessario per l'iscrizione, i dati personali restano all'interno del server ed è possibile chiederne la migrazione da un'istanza all'altra. Tutto ciò che viene postato, quindi anche i messaggi diretti, è potenzialmente leggibile del gestore del server (credo, e potrebbe essere un problema per voi); è possibile impostare la cancellazione automatica dei propri post dopo un certo periodo di tempo, si possono silenziare e bloccare utenti, tag e parole specifiche. Esistono delle app per Android/IOS, forse ancora un poco acerbe (scrivo nell'autunno del 2022).
**Alternative a Messenger (e Discord, probabilmente): [Matrix](https://matrix.org/), [XMPP](https://xmpp.org/) e** **[IRC](https://it.wikipedia.org/wiki/Internet_Relay_Chat).**
Non conosco benissimo **Matrix**: ho un paio di account su due server separati, ho creato delle stanze private e stop. Il primo account su [**matrix**](https://matrix.to/#/#matrix:matrix.org)[**.**](https://matrix.to/#/#matrix:matrix.org)[**org**](https://matrix.to/#/#matrix:matrix.org), probabilmente l'approdo favorito dai curiosi e, per questo, il più popolato: l'istanza può essere molto lenta e l'agglomerato del grosso delle utenze cozza col concetto di decentralizzazione.
Matrix, nella mia limitata comprensione, è una via di mezzo tra IRC e Discord, più dalle parti di quest'ultimo. La vera alternativa FOSS a Discord, comunque, è **[Revolt](https://revolt.chat/)**, che non ho mai provato. Matrix permette la chat di gruppo anche criptata, i messaggi privati, tiene una cronologia a differenza di IRC, in cui l'assenza nativa di tale funzione credo sia mitigata da eventuali log.
Come Discord, permette la trasmissione di audio e video.
Esistono diversi client, desktop e mobile, il più usato è **[Element](https://element.io/)**.
**XMPP** lo abbiamo incontrato tutti, anche inconsapevolmente. Il protocollo libero vive e lotta con noi ormai dal 1999, dopo esser nato come **[Jabber](https://www.jabber.org/)** nel 1998. Attualmente è usato, in un modo o nell'altro, da nomi quali Google, Whatsapp, Zoom, Messenger, Nintendo Switch, Fortnite, League of Legends e altri ancora.
Per i più vecchi (quindi i miei coetanei), il primo incontro con XMPP è stato favorito dalla possibilità, offerta da **[Pidgin](https://www.pidgin.im/)**, di inglobare più servizi di messaggistica in un solo client: era possibile, infatti, aggiungere manualmente servizi quali la chat di Google o quella di Facebook, evitando di utilizzare le loro pagine. Dava un discreto senso di potenza, non so sia ancora possibile.
XMPP, pur permettendo la trasmissione di audio e video, nell'immaginario popolare resta qualcosa di più simile a ICQ, quindi un sistema per la chat diretta tra contatti. Nel mio immaginario, almeno.
In ambito desktop, il client più blasonato probabilmente è Gajim, uno tra quelli in grado di offrire la cifratura **[OMEMO](https://xmpp.org/extensions/xep-0384.html)**, che sembra una cosa complicata.
Matrix e XMPP condividono diverse caratteristiche, tra le quali la cifratura e la possibilità di registrarsi solo con nome utente e password, senza dover obbligatoriamente ricorrere a email o numero di telefono; tuttavia, è possibile accedere ai metadati dei messaggi, quindi tenetene conto se per voi anonimato totale e privacy sono prioritari. Se usate Discord, Messenger e Whatsapp, potete fare il salto in qualsiasi momento, figuriamoci.
**IRC**, che dire: se gironzolate in rete da un quarto di secolo o giù di lì, l'avete usato di sicuro. Una schermatona bianca di Mirc, due o tre canali aperti per condividere i nostri interessi con altri appassionati. Tutta la discussione durava esattamente quanto si restava connessi, non c'era un prima e neanche un dopo. IRC è come parlare in piazza, ad alta voce, senza che sia richiesta una cerimonia di iniziazione per entrare nella discussione. Uso il presente perché il protocollo è ancora vivo, anche se il bacino di utenza si è enormemente ristretto.
Tra i client, ancora vivo lo storico **Mirc**, che era shareware e tale è rimasto; come alternativa free, **[Hexchat](https://hexchat.github.io/)** è una possibilità, l'unica che abbia provato. Il feeling, primordiale, è quello: peccato aver scambiato giusto una decina di righe con un altro utente, solo per fare un salto nel passato. Dubito i miei interessi possano giustificare l'esistenza di canali attivi e la gente, tanto, sta su Discord.
Discorso privacy: nel XX secolo praticamente non ci si badava e dubito che tale protocollo sia nato con in mente privacy, anonimato e tutto quanto. Nel dubbio, personalmente considero la chat in IRC l'equivalente di una chiacchierata ad alta voce in un bar di vecchi, nella piazza più popolata del paese.
Basta chattare, ora [**Pixelfeed**](https://pixelfed.org/): una versione pulita di Instagram, prima che si mettesse a rincorrere TikTok, con le caratteristiche già apprezzate in Mastodon e compagni del Fediverso. Niente pubblicità, niente algoritmi, nessun mercato dei dati, interoperabilità tra istanze.
Chiudiamo con l'alternativa ai blog: [**Writefreely**](https://writefreely.org/), uno spazio per la scrittura molto minimale. Anche questo, come Matrix e XMPP, non fa parte del Fediverso, ma la filosofia è quella che hai imparato a conoscere (dico a te, lettore solitario, se esisti e sei arrivato fin qui).
Fine. Se volete fare un salto nel passato, se avete paura degli spazi aperti e della folla, esistono diverse alternative.

26
post/arial-un-font-odiato.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,26 @@
# Arial, un font odiato
---
Forse è solo un pretesto per spiegare qualcosa in più di questo blog.
Come intuibile, avevo voglia di qualcosa di minimale, con poche richieste (spero nessuna) esterne: per far ciò, ho studiato Hugo[^1] quanto bastava (poco) per mettere in piedi la baracca, mi sono procurato un tema minimale[^2] e l'ho modificato.
Ora, l'Arial[^3] è uno dei font più odiato della storia, probabilmente e giustamente secondo solo a pesi massimi quali ComicSans e Papyrus; la storia, per sommi capi, la conosciamo più o meno tutti: versione economica dell'Helvetica (il font totale globale), nato per volontà di Microsoft e poi finito, credo, tra i font di default di tutti i maggiori sistemi operativi. Non ne ho la certezza, ma penso sia presente anche su MacOS e una distro qualsiasi di Linux.
Pro:
- Se avete un computer, quasi sicuramente avete Arial.
- È estremamente leggibile e somiglia sappiamo a cosa.
- Dispone di glifi sufficienti a coprire quasi tutti i linguaggi del mondo.
Contro:
- È percepito come un font del discount.
- Potrebbe essere un font del discount.
- La R, in particolar modo, è oscena.
Chiudo: la forma può essere sostanza, la forma può supportare la sostanza, la sostanza può fare a meno della forma: non che questo blog possa avere sostanza, ma preferisco risparmiare sulla forma.
[^1]: https://gohugo.io/
[^2]: https://github.com/LukasJoswiak/etch
[^3]: https://it.wikipedia.org/wiki/Arial

30
post/art-of-warez.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,30 @@
---
title: "The Art of Warez"
subtitle: ""
description: "Twilight. Non i vampiri anemici."
date: 2022-08-14
author: "C"
tags: ["informatica" , "videogiochi" , "vintage" , "C"]
categories: [""]
draft: "false"
---
{{< vimeo 341663153 >}}
Forse ne avrete sentito parlare o, addirittura, avrete avuto modo di assistere, a casa di amici… ok, ok: ci siamo passati tutti, probabilmente.
Erano, in tutto e per tutto altri tempi informatici, anche dal punto di vista etico. Molti di noi identificavano la distribuzione del software (leggi videogiochi) nella cassette del C64 esposte in edicola quando ancora le edicole si trovavano a ogni angolo di strada come fosse la cosa più naturale del mondo, megaraccolte di 10-20 giochi.
I titoli erano assolutamente inventati, poca fantasia ma molta sostanza: il gioco di calcio diventava “Calcio”, quello di tennis “Tennis”. Potete proseguire da soli, il pattern è quello.
Eravamo abbastanza ingenui da evitarci qualsiasi domanda sulla liceità della cosa e, nel caso ce ne fossimo poste, saremmo stati abbastanza giovani da infischiarcene allegramente. Gioventù ribelle.
Adesso, non che la questione sia stata risolta, sono cambiati sensibilità e metodi di fruizione: anche se alcuni software risultano insostituibili, molte alternative free, anche di altissimo livello, sono a disposizione dellutente. Veniamo ai giochi:lepoca dello shareware, che in ambito ludico vide risplendere id Software e Epic MegaGames, è tramontata.
Sono state abbandonate le versioni demo, per diversi motivi: una demo che sintetizzi male il titolo completo, può compromettere irrimediabilmente la percezione dello stesso, così come una assolutamente in sintonia col prodotto finale può rivelarne le pecche, ancor prima della sua pubblicazione.
Disponiamo di sconti, offerte, giochi rilasciati gratuitamente e free-to-play che non sono necessariamente pay-to-win. In sostanza, possiamo baloccarci con una gran quantità di giochi gratuiti o a basso costo.
Il documentario ripercorre la nascita e levoluzione dellarte del warez, iniziata sulle BBS in maniera puramente testuale, diventando poi, nel corso degli anni e dei sistemi, una forma visiva a se stante, tanto da distaccarsi dal mero codice violato e generare una demoscene. C64, Amiga, PC: di sicuro avrete apprezzato, almeno una volta, quelli che sono dei veri e propri capolavori di programmazione, una sintesi di codice che può sembrare magica ai non addetti ai lavori.
Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, daltronde.
Basta chiacchiere, basta citazioni: guardate il video.
*By C*

20
post/big-box-collection.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,20 @@
---
title: "Big Box Collection"
subtitle: ""
description: "Videogiochi di carta e plastica."
date: 2022-06-14
author: "C"
tags: ["videogiochi", "vintage"]
categories: ["" ]
draft: "false"
---
Ah, i videogiochi di una volta… quelli su floppy, prima, quando una decina di dischetti ci sembrava un numero tendente allinfinito, e su cd, poi, quando iniziarono ad usarne [addirittura due o più](https://www.mobygames.com/game/7th-guest)?
Li compravamo in queste scatole tangibili, di dimensioni più o meno grandi (la seconda categoria era quella delle big box), con quei pochi dati salvati su supporti che sopravvivono solo nellicona del salvataggio e manuali, anche corposi, accompagnati spesso da altri gadget. Scatole, grandi o piccole, che facevano la loro bella figura sugli scaffali, ostentate con orgoglio anche dai videogiocatori sostenitori delle copie di backup (!).
Oppure, quelle scatole ingombranti, silenziosamente impegnate a mangiare lo spazio in camera e raccogliere polvere, attirando occhiate assassite da genitrici poco in sintonia.. scegliete voi, io sto nel mezzo.
Bellissime, soddisfacenti, adesso una specie di macchina del tempo, ma ingombranti, ieri come oggi. Mi mancano, forse no, forse mi sto abituando alla dematerializzazione.
Qualcuno, un illuminato, ha deciso di metterne online la sua collezione, contando poi di espandere successivamente il numero di proposte disponibili, in tre lussuose dimensioni, su [Big Box Collection](https://bigboxcollection.com/#CollectionOverview): e chi siamo noi, per sottrarci allescursione virtuale e ignorare lopera di conservazione di un eroe dei nostri tempi?
*By C*

98
post/deadly-dusk.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,98 @@
---
title: "Deadly Dusk: il film infinito"
subtitle: ""
description: "Anche l'infinito deve avere una fine."
date: 2022-09-16
author: "C"
tags: ["cinema e tv", "filmmaking" , "cortometraggi"]
categories: [""]
draft: "false"
---
{{< youtube ULGij2puWKA >}}
L'infinito non si riferisce alla durata; il cortometraggio non ha fine, non è stato mai finito per davvero, per una lunga serie di motivi, sintetizzabili in un solo, grosso problema: col senno di poi, a 25 anni dalle prime riprese (1997-2025), è chiaro che siano stati commessi tutti gli errori possibili nella realizzazione di un cortometraggio.
Non c'è niente di particolarmente nuovo nell'idea di girare qualcosa: un gruppo qualsiasi di amici, una telecamera, nella migliore delle ipotesi, un'idea. Possibilmente semplice, asciutta. Ci si butta sull'idea, nella maniera più avventata possibile e, da lì in poi, è divertimento puro. Fino a un certo punto, ovvero quando si deve estrarre qualcosa di sensato dal caso, ma ne parlo dopo.
Erano gli anni della Playstation, la prima, la PSX, la console che ha traghettato il videogioco domestico dal 2D al 3D. Nel mondo PC, la differenza non è stata così netta: il 3D, in un certo modo, già c'era. Il Super Nintendo, lo Snes, la più grande console della storia, era ormai a fine vita, assieme alla macchina rivale, il Megadrive/Genesis: la grafica bidimensionale, che ancora vive in un'estetica immortale e resiste nei videogiochi indie, stava temporaneamente perdendo il suo fascino, dovendo rivaleggiare coi poligoni che iniziavano a spuntare in sala giochi. Sega, con una certa ingenuità, fece il salto nella generazione successiva col Saturn: macchina ancora orientata al 2D e dall'architettura piuttosto bizzarra, molto difficile da programmare. Ebbe i suoi successi in determinate categorie di giochi, in Giappone, ma era un oggetto fuori dal suo tempo. Alla Sony scommisero sul cavallo giusto, imponendo il marchio come sinonimo di videogioco casalingo; ancora oggi è così, con buona pace della Microsoft e della schizofrenia nel battesimo delle sue macchine.
Con la PSX, arrivarono i CD e, con questi, il FMV per tutti. Full Motion Video: nient'altro che filmati a tutto schermo, già esistevano da decenni, ma non avevano mai raggiunto una diffusione popolare. Arrivò anche Resident Evil/Biohazard: anche stavolta non inventando niente, il survival horror a poligoni già esisteva e si chiamava [Alone in the dark](https://www.mobygames.com/game/dos/alone-in-the-dark). Non inventando nulla ma, ancora una volta, portando il genere all'attenzione di un pubblico vastissimo.
Resident Evil, uso il nome occidentale perché è così che l'abbiamo conosciuto e giocato (io guardavo solo gli amici giocarci, lo installai su PC ma non ci giocai mai per davvero, da solo mi faceva troppa paura, coi suoi cani, le mani dalle pareti). [Iniziava con una sequenza in FMV](https://youtu.be/UWo0Hhx07Pc) a dir poco ridicola, oggi, ma che fece scalpore ai suoi tempi. Una cosa brutta, pacchiana, girata male, roba da film d'azione del giovedì di Italia 1: uno shock, nonostante tutto.
S.S., il motore perpetuo alla base del corto, evidentemente ispirato da quella intro che ha fatto storia, dice: "vogliamo fare un film di zombi?". E facciamolo, questo film di zombi. Come si inizia a girare un film, di zombi o di qualsiasi altra cosa? Senza una macchina da presa, ovvio.
Dopo qualche tempo, saltò fuori videocamera VHS-C, la versione ridotta della classica videocassetta. Un adattatore era necessario per riprodurre la cassettina nel videoregistratore, questo adattatore apparteneva ai fratelli C., gli ultimi ad aver posseduto il primo, mitologico, girato. Avevamo la videocamera, avevamo l'adattatore: il film era fatto e finito, quindi. Nessuno, neanche per un istante, pensò che non avremmo avuto poi, in alcun modo, acquisire i filmati, aggiungere suoni e musiche, il necessario doppiaggio, nulla. Non era un problema, eravamo nella fase iniziale, quella di euforia e divertimento puri.
Correva l'anno 1997, inizi di agosto. Ricordo l'anno perché avevo comprato un computer potente, pochi mesi prima, e l'anno si legge chiaramente sul preventivo.
![Preventivo esagerato](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/computerdiqualchetempofa-960x655.jpg)
Nel pomeriggio di quel primo giorno di riprese, mi sarei poi rivolto al provider internet locale, perché agli albori era da loro che bisognava passare. E si pagava, se ricordate.
Le prime riprese le facemmo nella pineta comunale, come detto, di buon mattino. Alle 6, incontro all'angolo del nostro fidato bar. Ci presentiamo con una sacca piena di picconi, mazze e altri oggetti dall'aspetto pericoloso, arriviamo alla spicciolata e dalle poche automobili di passaggio ci lanciano sguardi dubbiosi e interrogativi. Giustamente. Ci avviamo per i vialetti della pineta, all'epoca ancora alberati, con la videocamera accesa, senza alcuno studio delle inquadrature, riprendendo a braccio azioni casuali e dialoghi artefatti e terrificanti. Qualche vecchio, una categoria storicamente mattiniera, già gironzola in zona e ci guarda con curiosità, incredibilmente senza prenderci a maleparole. La scena madre della giornata: fingiamo di accorgerci di essere inseguiti da qualcuno o qualcosa, probabilmente un'orda di morti viventi, e ci accalchiamo scompostamente a uno degli ingressi della scuola elementare locale, urlando e percuotendo furiosamente le porte, come a implorare gli occupanti a offrirci rifugio. Fine del primo giorno di riprese.
Secondo giorno, giriamo all'interno della scuola, abbiamo potuto disporne per qualche ora per gentile concessione di un amico mio delle superiori, figlio della custode. La storia continua senza alcuna connessione con quanto visto prima: ci eravamo lasciati a picchiare sulle porte e ora siamo dentro, senza che qualcuno ci abbia fatto entrare e senza aver spaccato una serratura o chissà cosa; come se ci fossimo teletrasportati all'interno. Si inizia a girovagare per i vasti ambienti, tentando di riproporre quella sorta di spaesamento avvertito all'inizio di Resident Evil, coi protagonisti. Di sera, stavolta, con la presenza di diversi spettatori, i familiari di questo amico mio, incuriositi dalla lavorazione di un "film".
![Screenshot da Wikipedia](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/residentevilinizio.jpg)
Qua nasce il tormentone, a opera di F.C.: "è immenso…" Dopo averlo ripetuto una decina di volte, praticamente alla vista di un nuovo ambiente, fosse anche uno sgabuzzino, la cosa è diventata abbastanza comica, scatenando l'ilarità generale. In questa grande immensità, continuiamo a fare le nostre cose, metodicamente senza alcuna programmazione, finché capiamo che non è più aria e dobbiamo smammare: va bene l'amicizia, la disponibilità, la curiosità, ma non siamo più ospiti graditi.
Prima pausa nella lavorazione, durata quanto? Mesi, anni? Molti mesi, di sicuro. La videocamera torna al legittimo proprietario, chiunque sia stato, e le riprese cominciano a girare tra noi, la cassettina VHS-C con l'adattatore: i videoregistratori ancora erano in ogni casa. Qualche tempo dopo, compro a rate una costosissima, per me, videocamera MiniDV della Sony: 1.600 euro, rivenduta per 400. Facciamo il salto dall'analogico al digitale, da una risoluzione di 576x240 (credo) a 720x576; stavolta potremo acquisire le riprese con una scheda Firewire che ancora possiedo ed è installata nel computer da cui sto scrivendo, anche se disattivata.
Seconda locazione, lo scantinato, non rifinito, del palazzo di A.R., anche stavolta giriamo sotto gli occhi divertiti di parenti e amici. La parte più rilevante della serata: la creazione dello zombi veloce, anche stavolta prima che la figura fosse metabolizzata a Hollywood. Il piano era questo: filmare il solito gruppetto di zombi, una ripresa laterale, intento a percorrere questo grande locale in tutta la sua lunghezza, per dirigersi dove? Il nostro eroe avrebbe avuto tutto lo spazio per sfuggire all'attacco, anche questa scena era sostanzialmente inutile e senza senso. Quasi neanche il tempo di avviare la videocamera e vediamo partire quello che sarà definito, subito dopo, lo zombi più veloce del mondo: L.E. parte di gran carriera ed è dall'altro lato in un paio di falcate, staccando tutto e tutti. Riprese perse, anche stavolta.
Riusciamo a girare in un altro scantinato, per un paio di sessioni, ma non ricordo momenti rilevanti. Credo che le scene buie in strada, con le inquadrature sui vagoni ferroviari, siano state girate allora. Un momento di sicuro rilievo, invece, è l'esplosione dell'anguria, uno studio per gli effetti speciali. Questa la motivazione ufficiale, quando poi sappiamo tutti che è divertente fare esplodere le cose; non provateci a casa.
Non ci provammo a casa, infatti: scegliemmo il tratto chiuso, in rifacimento, di una superstrada. Stavano costruendo un tratto per l'inversione di marcia, uno svincolo, qualcosa del genere. Faceva caldo, sole a picchio, la gente era altrove. A.C., alla cui memoria dedichiamo il cortometraggio, vendeva frutta e verdura. Non sapevamo come replicare l'esplosione della zucca di uno zombi con gli effetti speciali: per questo ruolo, ancora non si era offerto un mio amico, N.C., il cui unico contributo a questo corto è stato, per l'appunto, offrirsi per la realizzazione degli effetti speciali in After Effects. Scegliemmo la via delle zucche e dell'analogico. A.C. ci fece dono di un paio di poderosi cocomeri, uno dei quali non si sa che fine abbia poi fatto, visto che ne usammo solo uno, il più grande.
Arriva il grande giorno, un mattino domenicale incendiato da un sole implacabile, l'aria calda distorce la visuale già a pochi metri di distanza: i metri che separano noi dal cocomero. Un cocomero imbottito di petardi, di scarsa potenza. Forse anche un paio di magnum, ma non sono esperto di fuochi artificiali, il tutto innaffiato da un qualche liquido combustibile, col quale disegnamo una lunga striscia a terra, per dar fuoco alle polveri da lontano. In effetti, ci andiamo a posizionare a una distanza di sicurezza quasi da bomba atomica. Posiziono la telecamera su un qualcosa, non disponendo di un cavalletto, zoom al massimo, avvio la ripresa e diamo fuoco alla striscia di combustibile: la fiamma si propaga fino all'anguria, passano diversi secondi. Niente. Un ordigno inesploso vegetale, sembrerebbe, poi qualcosa inizia a scoppiettare. Prima i petardi più piccini, pezzetti di buccia e polpa schizzano in aria, il frutto è avviluppato dalle fiamme, poi il gran finale: l'artiglieria pesante, i pochi magnum esplodono frantumando l'anguria, missione completa!
Grande l'ilarità, sia al momento che dopo, quando abbiamo rivisto il filmato. Video andato perso, tanto per cambiare, sarebbe stato inutile in ogni caso. Come avremmo potuto usare quell'esplosione, come avremmo potuto sostituirla alla testa di un qualsiasi zombi? Intanto, era di forma così allungata da ricordare più verosimilmente la testa di un alien. Poi, per gradire, non c'era modo di isolare l'esplosione per utilizzarla in sede di montaggio. Finiscono qui le riprese in esterno, ma non tramontano i sogni di gloria.
![Protagonista sta per entrare in un ambiente chiuso](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd06.jpg)
Altre riprese, sempre in periodo estivo, nello scantinato del palazzo di F.I., in cui giriamo delle scene che finiranno in un paio di trailer, ovviamente andati persi. Ci sono stati dei cambi in formazione: assenti, stavolta, i fratelli C., egregiamente sostituiti da A.D., A.S. e F.D.L., truccati in maniera impeccabile e professionale con una miscela di farina e pomodoro. Mancava solo aglio e origano, poi avremmo potuto farci le pizze alla marinara. I trailer mostravano delle sequenze accelerate della marea di zombi, dove marea sta a indicare il numero 5, col protagonista che punta la pistola e della musica classica in sottofondo, per i soliti problemi di diritti. Requiem di Verdi, Dies Irae nello specifico. Curiosità: uno degli zombi spicca particolarmente, da una delle rarissime (due) foto di repertorio. Una sorta di panettiere elegante, con la cravatta: la figura primigenia, non ancora finita nel cinema mainstream, dello zombi dandy. Stava andando tutto bene: locazione interessante, si potevano sfruttare vari angoli per le inquadrature, avevamo pure adornato la scala di cemento grezzo con lumi e lumini... quando una sua zia ha preso fischi per fiaschi e, credendo che utilizzassimo lo scantinato per riti proibiliti, in odore di zolfo, si è gentilmente opposta alle riprese. Tradotto: non ci hanno presi a pedate prima di chiamare un esorcista, ma l'idea era quella.
Riusciamo a tornare nella scuola elementare, dove tutto era iniziato, così credo di ricordare. La prima volta, il permesso ci era stato accordato in quanto amici del figlio maggiore della custode, ora ci abbiamo riprovato come amici del figlio minore. Si ripetono le dinamiche della prima sessione di riprese, senza nulla di interessante da raccontare: non ricordo particolari guizzi o situazioni. Tutto il girato perso, che novità.
Si ricomincia, ultime locazioni disponibili, stavolta potremmo fare il colpaccio: o la va o la spacca.: Qualcosa ci dice che non ci saranno altre possibilità, stavolta vogliamo fare le cose in grande. Altre armi giocattolo a disposizione; telecamerina Canon con cui abbiamo fatto altre riprese in precedenza: per l'esplosione del cocomero disponevo ancora della Sony, venduta poco dopo. Un drappo di stoffa blu che avremmo usato per inserire la figura di un mago/stregone, gentilmente donatoci da un sarto, dopo avergli donato dei soldi. Addirittura un paio di faretti!
Giriamo delle scene nella casa di allora di S.S., precisamente la scena col maniaco che cerca di sorprendere il protagonista, brandendo un coltellaccio da cucina. Tutto liscio, da lì nessuno può mandarci via e ce la caviamo in una serata o due.
![Silhouette del protagonista](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd00.jpg)
Ancora una scuola, ancora grazie a una conoscenza/parentela coi relativi custodi. Arriviamo col nostro armamentario, custodi e famiglie non fanno storie. Sì, famiglie: ogni primo giorno di ripresa, sembrava fosse arrivato il circo in città, è sempre stato così. L'ambiente è ampio, illuminato a tratti: a quell'ora, le luci dovrebbero essere spente, così ci premuriamo di accenderle a intermittenza. I faretti li posizioniamo da qualche parte, non so quanto abbiano influito davvero, probabilmente nulla. Ci sono corridoi, diversi piani, sgabuzzini, tutto quello già visto nell'altro edificio scolastico. Stavolta, però, c'è un giardino, ed è davvero tetro. Perfetto per quello che dovevamo fare, anche se non sapevamo cosa fare e perché. Disponevamo della palestra, quale luogo migliore per ambientare lo scontro finale con lo stregone? Il grosso delle scene del corto, alla fine, viene proprio da questa locazione. Sembrava esser andato tutto bene, invece... c'è sempre un invece, o più di uno.
![Fotogramma poco chiaro](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd05.jpg)
Le ultime riprese le ho fatte con una vecchia videocamera, ovviamente sempre MiniDV, presa su Ebay. Registrava anche in progressivo, caratteristica usuale per macchine di quella fascia, tanto che nelle prime scene, avendo dimenticato di attivare la funzione, si notano chiaramente gli artefatti del video interlacciato. Avevo una sola batteria e le batterie, se non ricordo male, in aggeggi come le telecamere funzionano come un interruttore acceso/spento: funzionano, poi si scaricano e la telecamera si spegne, da 100 a 0 in un istante. Non chiedetemene il perché e il percome, ma quella Canon si affievoliva gradualmente, col girato che diventava sempre più buio, fino allo spegnimento totale. E non era neanche il peggio. Quel modello, in particolare, soffriva di un difetto funesto e abbastanza diffuso, che si acuì nelle ultime sere: all'improvviso, senza qualsiasi correlazione con stimoli esterni, iniziava a riavvolgere in modalità rewind, facendo fuoriuscire il nastro e rovinando, chiaramente, parte del girato. Non c'era modo di fermarla, se non strappando fisicamente la batteria: l'operazione portava via diversi secondi di tempo e diversi metri di nastro rovinato: è così che sono andate perse, tra le altre, quasi tutte le scene nel giardino, quelle dall'impatto visivo più efficace. Mi sentivo male fisicamente quando partiva quel riavvolgimento assassino, ma non potevo farci nulla. Bisognava riavvolgere il tempo.
![Visuale laterale di una pistola giocattolo](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd01.jpg)
Fine delle riprese, per sempre. Mi ritrovo con due o tre cassettine da acquisire: per far ciò, all'epoca e con le MiniDV, bisognava collegare la macchina al pc con porta Firewire di cui sopra e avviare la riproduzione. Un'ora di girato richiedeva un'ora per l'acquisizione, per intenderci. Due o tre cassette da 60 minuti da acquisire, con la Canon che può distruggere una parte del nastro da un momento all'altro. Altre riprese, infatti, si perdono così. Tutto finisce su un DVD, penso alla fine anni e anni di riprese si siano concretizzati in un paio di GB al massimo. Una copia di questo DVD finisce al mio amico N.C., il "mago" dei VFX cui accennavo prima. "Non posso usare le riprese in alcun modo, è tutto troppo buio per il tracking." Gulp. Aveva ragione: era quasi tutto troppo buio per tracciare gli elementi in After Effects e sincronizzare a video gli effetti speciali, N.C. avrebbe dovuto farlo praticamente a mano, fotogramma per fotogramma o giù di lì. A esser sinceri, non sarebbe riuscito a tirarne fuori qualcosa di decente anche da un buon materiale di partenza: giustamente, non era un professionista e faceva ben altro nella vita, mi aveva mostrato alcune brevi sequenze da lui realizzate e si trattava, né più né meno, di roba ottenuta seguendo pari pari un qualche tutorial. Di utilizzabile, alla fine, ci è rimasto quello che avete visto (si spera) e poco più. Alcuni minuti in più, che allungavano soltanto il brodo: camminate, pistole puntate, un tratto di strada aggiuntivo.
![Colluttazione tra buono e cattivo](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd04.jpg)
Quasi il momento di chiudere questo racconto, esaminiamo gli errori tecnici. Li abbiamo collezionati tutti, non ci siamo fatti mancare niente. Le prime riprese, quelle con su VHS-C, non avremmo potuto acquisirle in alcun modo: questo esclude a monte qualsiasi altra problematica successiva. Ok, avremmo potuto fare una sorta di montaggio usando due videoregistratori, in teoria; in pratica, no. La realizzazione di un cortometraggio/film richiede, semplificando, quattro elementi di base, in ordine di importanza: storia, sonoro, luci, videocamera. Non faccio video e non racconto storie, quindi questa storia dei quattro elementi non ha particolari basi tecniche.
![La ripresa migliore del corto](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/09/dd03.jpg)
La storia, ovviamente, perché bisogna avere qualcosa da raccontare. A meno che non si riescano a produrre immagini tanto potenti da ipnotizzare lo spettatore. Noi, in realtà, non abbiamo mai sviluppato una vera narrazione, non ci siamo mai preoccupati di stabilire un percorso narrativo sensato. Il soggetto può essere facilmente inquadrato come high concept: con le sue arti nere, uno stregone anima un esercito di zombi, un eroe appare dal nulla e sistema le cose. Lo stregone, all'inizio, non c'era neanche: elemento aggiunto in corsa, come tutti gli altri. In questo montaggio, all'inizio vediamo il protagonista leggere quello che, nelle nostre intenzioni, è un antico tomo con iscrizioni arcane, un'agenda nella realtà. Era una delle ultime scene girate, quell'immaginario libro polveroso, una versione vernacolare del Necronomicon, avrebbe dovuto spiegare qualcosa dello stregone, evidenziarne i punti deboli, descriverne i poteri o chissà cos'altro. L'ho spostata all'inizio, più perché alla fine non aveva alcun senso che per suggerire un flashback. Una storia simile, così genuinamente rozza e ingenuamente sgrammaticata, avrebbe davvero potuto conquistare l'attenzione di un eventuale pubblico per più di qualche minuto?
Il sonoro. Ovvio, a meno che non si tratti di un film muto; musica o effetti sonori sono obbligatori, al giorno d'oggi, com'è obbligatorio che siano di una certa qualità. Un sonoro scarso rovina il film molto più che una qualità scarsa dell'immagine. Nelle nostre intenzioni, il corto sarebbe stato doppiato e accompagnato da effetti sonori e musica. Non avevamo scritto neanche una riga di dialogo, nelle scene disponibili si vedono delle labbra muoversi per un paio di secondi e basta. Nelle scene perse del 1997, i protagonisti parlano, straparlano, ma il suono è quello della videocamera, a metri di distanza, disturbato dai suoni ambientali. Come per acquisizione e montaggio, non avevamo alcun modo di registrare "in studio" e aggiungere una traccia audio. Per le scene delle annate successive, registrate su MiniDV, avremmo voluto aggiungere qualche effetto sonoro e piazzare dei pezzi musicali di nostro gradimento, fingendo di non essere a conoscenza di quelli che chiamano "diritti d'autore". Nel 2022, visto che la legge non ammette ignoranza, ho usato dei brani della libreria gratuita di Youtube. Nessun effetto sonoro.
Le luci. Come per il sonoro, anche questo può sembrare strano a chiunque sia totalmente a digiuno della materia, ma le luci sono tutto. Non abbiamo avuto bisogno di usare luci giustificate, non sapevamo neanche cosa fossero. Bilanciamento del bianco totalmente ignorato, come luci ci siamo fatti bastare quelle degli ambienti: vecchie lampadine a incandescenza, all'epoca quelle ancora si usavano; neon che sfarfallano, all'esterno quel che arriva delle luci dei lampioni. Unica aggiunta, il paio di faretti di cui ho parlato prima. Faretti con metri e metri di prolunga, non li usammo quasi mai e mai sensatamente. Il risultato schizofrenico, mitigato dalla conversione in bianco e nero, è evidentissimo nel video a colori: luci di varie temperature, prima fredde, poi calde, poi ancora fredde. Scene girate consapevolmente quasi nel buio, tralasciando quelle inghiottite dalla batteria prossima alla morte. A posteri, oggi, avrei potuto tentare di recuperare qualcosa in DaVinci Resolve, ma ho una conoscenza minima del programma e, onestamente, da quel girato c'era ben poco da recuperare. Ho giocherellato con le ombre e le alte luci di qualche segmento, comunque.
Ultimo elemento, stranamente, la videocamera. Disponendo dei tre elementi citati, si può girare qualcosa di decente anche con un telefonino odierno, di fascia alta. Certo, con le limitazioni intrinseche degli stessi, ma se ne cavare qualche risultato anche professionale. Abbiamo ben presente quegli articolacci in cui leggiamo "il famosissimo regista X ha girato un intero cortometraggio col suo telefonino". Tralasciando un set di luci, diffusori, pannelli e supporti da centinaia di migliaia di euro, una squadra al completo di operatori, tecnici del suono con tutta l'attrezzatura, elettricisti, tutto. Alla luce di ciò, le videocamere utilizzate si sono rivelate l'anello meno debole della catena, abbiamo sbagliato semplicemente tutto il resto. Videocamere tutte in automatico e via, comunque, anche perché non è che quei modelli permettessero chissà quali impostazioni manuali. Non che avessi mai ipotizzato di usare le impostazioni manuali. Le videocamere ce le facciamo andare bene, quindi, a parte la Canon che ci ha letteralmente mangiato un quarto di girato.
Abbiamo girato tutto alla prima, senza badare alla posizione degli elementi nella scena, regola dei 30° ignorata (credo di aver anche accentuato questa mancanza nel montaggio), nessuna corrispondenza visuale tra una scena e la seguente, se non quando deciso dal caso.
Al netto di questi errori colossali, c'era anche un altro problema insormontabile: proprio in quegli anni, quando noi cercavamo di finire quello che avevamo iniziato anni prima, iniziavano a uscire cortometraggi "amatoriali" realizzati con budget da migliaia di euro, da team di amatori avanzati o gente con un piede nel professionismo. Il nostro filmino rustico sarebbe uscito sconfitto da qualsiasi confronto, i tempi delle realizzazioni a costo zero erano già finiti, sempre che siano esistiti davvero. E non sono mai esistiti per davvero.
Ha avuto senso restare attaccati a questo progetto insensato e irrealizzabile, per anni e anni? Sì, fortissimamente. Ha fatto da collante per lustri, ce l'avevamo in testa a girare in background, un pensiero che andava periodicamente in letargo. Giorni e giorni di divertimento, l'illusione gioiosa di ottenerne qualcosa da mostrare al mondo, qualche screzio nella lavorazione. Capita nelle migliori produzioni. In quegli anni siamo stati tutti insieme, potevamo incontrarci a piedi in una ventina di minuti al massimo, eravamo giovani e il futuro sembrava tanto lontano da non poter essere mai raggiunto. Ora quel futuro è tra noi, siamo sparpagliati per l'Italia e non solo, abbiamo molti capelli grigi o bianchi, o molti capelli in meno. E del "film di zombi" e di tutto il contorno abbiamo una montagna di ricordi, anche più romanzati del dovuto, perché è così che funziona il cervello umano, a differenza dei bit immutabili di un disco rigido.
Quel film di zombi, il film che non è stato e non sarà, è una di quelle cose che cementano le amicizie.
*By C*

10
post/default.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,10 @@
---
title: "Titolo"
subtitle: ""
description: ""
date: 2018-06-04
author: ""
tags: ["", ""]
categories: [""]
draft: "true"
---

15
post/dracula-colecovision.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,15 @@
---
title: "Dracula per Colecovision"
subtitle: ""
description: "Piattaforme che non vogliono morire."
date: 2022-06-10
author: "D"
tags: ["videogiochi", "colecovision"]
categories: [""]
draft: "false"
---
![Schermata di Dracula per Colecovision](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/10/dracula-colecovision.png)
### [Il Colecovision lotta ancora](https://www.indieretronews.com/2022/04/dracula-this-upcoming-colecovision-game.html)
*By D*

22
post/emulazione-dos.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,22 @@
---
title: "Emulazione DOS pixel perfect"
subtitle: ""
description: "Viaggio nel passato con DOSBox."
date: 2022-08-09
author: "C"
tags: ["informatica" , "retrocomputing" , "vintage" , "dos" , "C"]
categories: [""]
draft: "false"
---
Emulare il buon vecchio DOS, oggi, è unoperazione elementare anche per il più obsoleto dei sistemi: il software in questione, ricordiamolo, è stato pensionato dallinterfaccia grafica di Windows da oltre 20 anni.
Lemulatore di riferimento, disponibile su qualsiasi piattaforma, anche mobile, è il conosciutissimo DOSBox. La sua utilizzazione out of the box, su pc, potrebbe intimidire lutente meno smaliziato o chiunque, genericamente, non abbia voglia di perdere qualche minuto per un paio di settaggi iniziali (tipo limpostazione di una cartella virtuale C:, la velocità dellemulazione, lhardware virtualizzato e così via). In nostro aiuto, i cosiddetti frontend, ovvero queste interfacce grafiche, più o meno basilari, in grado di lanciare lambiente DOS, o anche direttamente giochi e software, con un doppio click.
Lautore di questo video, dal canale Youtube [PhilsComputerLab](https://www.youtube.com/channel/UCj9IJ2QvygoBJKSOnUgXIRA), semplifica tutto allestremo offrendoci tutto il necessario in un comodo [file compresso](https://www.philscomputerlab.com/uploads/3/7/2/3/37231621/ms-dos_pc_classic_project.zip): basterà estrarlo e lanciare il frontend che, per la cronaca, gira in Java e ne richiede, ovviamente la presenza sul pc.
{{< youtube lq5vhiSWPV4 >}}
Qua trovate l[articolo originale allegato al video](https://www.philscomputerlab.com/ms-dos-pc-classic.html): se non avete voglia di vedere il video e/o leggere larticolo, sappiate che lintenzione originale è quella di far girare lemulatore, in modalità pixel perfect, su un hardware poco ingombrante e parimenti poco costoso.
*By C*

27
post/facevo-il-grafico.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,27 @@
+++
title = "Facevo il grafico, un lavoro usurante"
date = "2022-01-05T08:02:09+01:00"
description = "Brutte memorie di un grafico finito"
draft = true
+++
# Lavoro usurante? E i minatori, allora?
Ai minatori, nel buio e nella profondità di un cunicolo scavato nella roccia, nessuno[^1] ti dice "Dammi questo piccone, ti faccio vedere io come si fa": questo concetto dovrebbe aver già spiegato abbastanza.
Facevo il grafico, che fa un grafico? Può fare tante cose, la definizione è ampia, ci sono termini più specifici per restringere e identificare le mansioni: per la gente, facevo il grafico, quello che fa i disegnetti[^2]. Lo facevo in una tipografia/serigrafia piccola, media? Qualcosa a cavallo tra queste due definizioni, di sicuro piccola quando ci arrivai, nella seconda metà degli anni Novanta.
Era un buco, buio, senza quasi lo spazio per accogliere un cliente; una di quelle imprese piccole, che vanno (andavano) avanti con complicazioni limitate e fanno campare il titolare e la sua famiglia. Titolare che, tipicamente, si occupa di tutto[^3] e con risultati che, dicevo, non consentono più che una dignitosa sopravvivenza, condizione per cui, comunque, firmerei ora. Poi è successo qualcosa, chissà: magari aver preso un grafico per badare alla grafica, un macchinista per badare alla stampa e così via, avrà fatto qualche differenza e l'impresa è cresciuta.
Cambio di sede, perché una grotta non andava più bene, evidentemente; vacanze in località più esotiche, perché la spiaggia libera è da plebei; macchine sportive ai figli, non vorranno mica andare in giro con uno scassone.
Tuttavia, la situazione restava stabile, il futuro sembrava anzi ancora roseo, nonostante la barbarie morale e imprenditoriale della direzione: se le cose vanno bene, intanto paga i tuoi dipendenti perché sono loro che fanno mangiare te e i tuoi cari, poi investi come si deve, perché il mondo va avanti, poi decidi se è il caso di mangiarti tutti i guadagni.
Nuovo cambio di sede, ancora più grande: tuttavia, puoi cambiare sede quanto ti pare, ma se non cambi la testa, prima o poi andrai a sbattere. Situazione economica meno favorevole, la pandemia che fa capolino, quell'incapacità nella gestione che cova sotto le ceneri e non aspetta altro che una zaffata di ossigeno per tornare fiamma.
Ed ecco che, quando tutto va bene, sono stato un grande manager; quando tutto va male, che speranze potevo avere, con questi dipendenti?
Un grande manager, intanto, riesce a farsi pagare dai clienti e riesce a individuare e isolare quelli tossici. Non sarei capace di fare l'imprenditore, ma assumerei, come concetto base, di dover essere pagato per i miei servizi, perché non di sola aria vive l'uomo. Perché i dipendenti vanno pagati, non come il barone Antonio Peletti, che non paga per non offendere, che pone il lavoratore su un piedistallo. Perché gli strumenti di lavoro vanno aggiornati, il mondo continua incurante a girare e non puoi indebitarti per la spider, se fai lavorare con un computer vecchio di 10 e più anni.
No, la cosa più intelligente da fare sembra essere innescare una guerra tra poveri, inseguendo e coccolando i clienti più letali che si possano immaginare: quelli che non vogliono pagare sin dall'inizio, ti pagano la metà dopo anni o non ti pagano proprio. E rompono pure, eccome se rompono; pretendono pure, eccome se pretendono. Tutte le energie sprechiamole per questa gente, mi sembra proprio il caso.
Magari mi sbaglio io, ripeto: non ho grande fiuto imprenditoriale, forse è così che si fanno gli affari. Inseguendo i clienti che non pagano, facendo di tutto per strapparli alla concorrenza.[^4]
Facevo il grafico, prima ero solo, poi siamo diventati due o tre. Gente che durava solitamente poco, capiva l'andazzo e si dava alla macchia. Serigrafia, manifesti, locandine, biglietti, brochure, volantini,stampe digitali e simili, questo facevo. Niente nuove tecnologie, niente web, niente di sostanzialmente moderno. Non sono stato un grande grafico, puntualizzo: ero quello, però, che faceva il grosso del lavoro, il lavoro sporco, quello che risolveva la situazione quando c'era un'urgenza o succedeva l'imprevisto. Poi c'erano gli altri grafici, che facevano il lavoro di fino, ci mettevano due giorni a fare un volantino e si beccavano gli applausi. Penso sia una faccenda ricorrente, in ambito lavorativo.
[^1]: Un tipo a caso, davvero il primo che passa.
[^2]: Sì, sono stato chiamato anche così. Pure coreografo, una volta: difficile da credersi, ma la vita sa essere più strana della fantasia.
[^3]: Jack of all trades, master of none, così dicono.
[^4]: Ben lieta di sbarazzarsene, oserei immaginare.

15
post/flyers-arcade-museum.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,15 @@
---
title: "Flyers Arcade Museum"
subtitle: ""
description: "Quando c'erano i cassoni."
date: 2022-06-12
author: "D"
tags: ["videogiochi", "arcade" , "flyer"]
categories: [""]
draft: "false"
---
### [Titolo esplicito: il materiale pubblicitario allegato agli arcade](https://flyers.arcade-museum.com/?page=home)
*By D*

24
post/geocities-web-inizio.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,24 @@
---
title: "Geocities, il web come era all'inizio"
subtitle: ""
description: "Gli albori del web: che tempi!"
date: 2022-08-09
author: "C"
tags: ["informatica" , "internet" , "vintage"]
categories: [""]
draft: "false"
---
Ok, ok… non proprio allinizio. Non nel momento del Big Bang, qualche attimo dopo. Quando città e cittadine sono state raggiunte dai primi provider, quelli che vendevano laccesso a internet: altri tempi, sicuramente.
In quei tempi, noi curiosi eravamo avidi di contenuti e, indomiti e giovani, volevamo provare anche lebrezza di pubblicarne: in un modo o nellaltro, siamo finiti su [Geocities](https://it.wikipedia.org/wiki/Yahoo!_GeoCities).
Per chi cera, una bella overdose di nostalgia; per gli altri, chissà. Comunque, unimmagine vale più di 1000 parole, così mi pare di ricordare: figuriamoci un video!
{{< youtube 9jYE8VwxunQ >}}
Per una rapida consultazione, allego un paio di link provvidamente forniti da [Nostalgia Nerd](https://nerdland.squarespace.com/):
[GeoCities Gallery](https://geocities.restorativland.org/)
[Archive Team](https://www.archiveteam.org/index.php?title=GeoCities)
*By C*

35
post/giovani-e-it-parte1.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,35 @@
+++
title = "Giovani e IT: parte prima"
date = "2018-12-10T10:45:46+01:00"
description = "Che combinano i giovani davanti a un pc e alla tecnologia in genere?"
draft = false
+++
# Non conosco, attualmente, molti giovani. Uno, forse.
Mio nipote, chissà se basterà come campione. Penso di sì: il suo sguardo inerte,vuoto, allo schermo di un computer l'ho visto in passato nei suoi coetanei.
Eppure, non è sempre stato così: da piccolo, avrà avuto 7 anni, gli regalai un mio vecchio portatile, con un processore AMD Turion qualcosa, nato con Vista e morto con Windows 7 (si fa per dire: questo bidone vive ancora in una casa altrui, e funziona ancora decentemente per usi leggeri). L'ha sempre tenuto con cura, non ho mai dovuto formattarglielo, mai una noia. Lo usava pure con agilità: creava le cartelle e saltava dall'una all'altra, spostava e cancellava file, installava programmi portatili e non, configurava account, associava i programmi ai relativi tipi di file e altro: tutto quello che, in linea di massima, basta all'omino qualunque per lavorare col suo pc.
Poi, dopo alcuni anni, l'orrore: hanno iniziato a comprargli i telefonini, modelli sempre più potenti dei miei[^1]. L'inizio della fine, l'avrete intuito dalle prime righe di questo testo.
A digitare con più di un dito alla volta, ancora ci riesce: per tutto il resto, una lentezza che mi avvilisce. Gli dico "apri il disco D:" ed è il buio, abituato com'è ad accedere ai file dal menu dei programmi.
Apre uno dei programmi di Office, perché a scuola quello insegnano[^2], apre il file scegliendo tra quelli recenti.
Tutte le operazioni da menu, con quel mouse che, tapino, non è un dito, bisogna trascinarlo con fatica da un punto all'altro dello schermo.
Copia e incolla rigorosamente da tasto destro del mouse: mouse che, ricordiamolo, non va mai usato assieme alla tastiera. Se hai la mano sul mouse, devi allontanare l'altra dalla tastiera e viceversa. Per cancellare una cosa qualsiasi, tasto destro e sposta nel cestino... non ho più la forza per altri esempi, quel poco che dovevo si è capito.
Essendo regredito al ruolo di seminalfabeta digitale, periodicamente cerco di tenergli certi discorsi, di suggerirgli qualche buona pratica per la seconda vita che viviamo, quella in rete. Ho cercato di svezzarlo all'uso di KeePassXC[^3], perché tenere le password memorizzate nei browser non è proprio il massimo, scoprendo che non ne aveva granché bisogno: "tanto uso la stessa per tutto".
Ho perso l'ultimo colorito restante che avevo in volto. Come buttare all'aria un puzzle da migliaia di tessere per poi doverlo ricomporre, questa la situazione. Ho tentato di spiegargli che è tra le cose più pericolose da fare in rete, il metodo più veloce per trovarsi tagliati fuori dalla rete, oggi semplicemente impensabile[^4]. Che se gliela soffiano, ha perso tutto.
"Ma no, chi se la ruba, a chi interessa".
Ho incalzato, spiegando che è capitato, e capiterà ancora, anche a gente importante, non come noi che siamo dei perfetti signor nessuno.
"Appunto, le rubano alla gente importante, di me chi se ne importa?"
Ho provato, ho iniziato a spiegargli che non sono attacchi mirati alla singola persona, che sparano nel mucchio, che... che altro dovevo dire, quando ho capito che stavo parlando da solo, mentre lui pensava ad altro[^5], che ormai ero scomparso alla sua vista, ben occultato da quello sguardo bovino?
Devo ammetterlo, per quella volta mi sono arreso. Sarei stato un pessimo docente, probabilmente, di quelli che vanno licenziati in tronco.
[^1]: La mia soglia psicologica è di 100 euro: con tale cifra, il telefonino deve durarmi almeno 3-4 anni.
[^2]: Insegnano è un parolone: certi professori sarebbero da licenziare in tronco, assieme a chi continua a tenerli al loro posto.
[^3]: https://keepassxc.org/
[^4]: A patto di non vivere, per scelta, in un ambiente ostico e lontano dal concetto odierno di civiltà.
[^5]: "Ma che vuole, questo vecchio scemo?"

19
post/lrnz-deluxe-paint.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,19 @@
---
title: "LRNZ racconta DeluxePaint"
subtitle: ""
description: "La parola e il mouse a chi ne capisce."
date: 2022-06-09
author: "C"
tags: ["informatica" , "vintage" , "internet"]
categories: [""]
draft: "false"
---
{{< youtube rbTM4ieyU84 >}}
Un video che è oro puro e un numero di visualizzazioni assurdamente basso. [LRNZ](https://www.lrnz.it/), ospite di Kenobit, ci porta indietro nel tempo, disegnando lindimenticabile Abobo su un vero Amiga500.
[Kenobisboch Twitch](https://www.twitch.tv/kenobisboch)
[LRNZ Twitch](https://www.twitch.tv/lrnzlrnzlrnz)
*By C*

36
post/nativi-digitali.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,36 @@
---
title: "I nativi digitali, guru informatici"
subtitle: ""
description: "I pollici volano sullo schermo del telefonino, ma non sanno fare niente."
date: 2018-12-18
author: "C"
tags: ["informatica", "riflessioni e filippiche" , "C"]
categories: [""]
draft: "false"
---
Sarebbero, questi nativi digitali, molto più bravi di noi col computer,(qualunque cosa significhi: per un passante dellinformatica, basta vedere un adolescente allegare un file a un messaggio Whatsapp ed è subito Matrix). I nativi digitali si son ritrovati la pappa pronta, cucinata per decenni da pionieri che, probabilmente, neanche conoscono. Al massimo, Steve Jobs (che era un signor venditore). Mettetene uno davanti allo schermo nero del DOS, a fissare un vuoto siderale interroto da C:\ e un cursore che lampeggia: dopo due minuti lo ritroverete privo di vita. I bambini che pasticciano coi cellulari, coi genitori che si sciolgono dalla felicità di fronte a questa visione paradisiaca: non solo loro ad esser geniali, sono le interfacce a essere modellate sulle capacità di un poppante. Al massimo, tra qualche anno, cammineranno per strada come vegetali, fissando qualche pollice di schermo ignari della vita che li circonda, rischiando di finire tra le ruote di unauto. Poi, patente in tasca, sulle auto saranno loro a mettere a repentaglio le vite altrui (e le loro): è il cerchio della vita.
Il mio primo pc personale, dopo aver usato per un paio di anni i 286 a scuola, con un programma di contabilità (Stella?), fu un 386sx 40 MHZ, 2 MB di ram e 210 MB di disco, scheda video OAK qualcosa, ram da 512 kb. Tutto quel che la scuola ci aveva insegnato dellutilizzo di un pc, stava nel pigiare il pulsante di accensione e far partire il suddetto programma di contabilità. Stop. Non so per quale motivo, forse il consiglio di un amico paterno, lo facemmo assemblare nei pressi di piazza Dante, in un laboratorio buio, grigio, asfittico: le stesse caratteristiche dei pc di una trentina di anni fa. Non ne capivo quasi niente, mio padre meno di niente (oggi ce lha un pc per navigare e vedere i video, ma penserà sia popolato da coboldi, gobelini che fanno di conto), ma i tizi del negozietto non ne approfittarono per rifilarci un bidone: lhd era decisamente grande per lepoca e la ram era suddivisa in due banchi da 1 mega, lasciando liberi due spazi per eventuali upgrade, che poi seguirono. Il prezzo era concorrenziale, rispetto ai preassemblati “di marca”: non sto parlando di Compaq o altre marche note, mi riferisco alla folla di venditori che cercavano di affibbiarsi un brand e si pubblicizzavano sulle riviste specializzate. Quasi quasi allego una scansione. O due.
![Copertina PC Magazine 100](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/10/nativi-digitali-01.jpg)
![Pubblicità SHR Computer](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/10/nativi-digitali-02.jpg)
Il pomeriggio di quello stesso sabato, installo non so cosa, chiaramente da dischetto, poi decido che non serve a nulla e cancello. C:\delete *.* /s, gli ultimi caratteri prima del panico. Come mi era saltato in mente? Lavevo visto fare al cugino di un amico mio, sul suo 386 a 25 MHZ (ma DX, stavolta, quindi col bus esterno a 32 bit). Chiaramente, non aveva lanciato il comando nella directory root.
Riavvio il pc, parte la tastiera col layout inglese. Ohibò, cosa potrà mai esser successo? Avevo cancellato tutto: DOS 5.0 e, chiaramente, pure il file autoexec.bat con le impostazioni della lingua e della tastiera. Ritorno al laboratorio appena possibile (stava a Napoli e noi stavamo, e stiamo, in un paese vicino, con reinstallazione del sistema operativo e spavento passato. Non avevo davvero “scassato” fisicamente un pezzo, lesperienza mi aveva insegnato a forza la necessità della coesistenza tra corpo e mente, tra hardware e software.
La settimana successiva la impiegai a cercare una copia del DOS, non ricordo quanti dischetti fossero, per poter risolvere personalmente la faccenda. Poi scoprii che era possibile visualizzare le opzioni dei vari comandi e studiarsele, utilizzandoli consapevolmente e limitando i danni. Ebbene, penso quello sia stato lunico* strafalcione vero e proprio della mia carriera informatica, ma uno strafalcione dal valore didattico innegabile. Imparai a cercare le soluzioni, imparai come e dove cercarle, imparai ad applicarle. E, ricordiamolo: nessuna connessione a internet per rapportarsi alle altre migliaia di persone con lo stesso problema, nessun posto dove scaricare loccorrente, niente. Bisognava cercare in ambienti, fisici, ai bordi della legalità (ecco, magari pure oltre: i tempi delle cassettine del C64 in edicola erano passati da poco), agire personalmente.
E quasi tutti noi, che quellepoca labbiamo vissuta, siamo venuti su così. Ho modo di incontrare questi giovani doggi (eh, signora mia, ai miei tempi…), questi nativi digitali di cui tanto si parla, a lavoro. Ebbene, a parte leccezione che conferma la regola, quando hanno a che fare col computer sembrano sempre degli intontiti, li terrorizzi con la chiavetta estratta senza la rimozione sicura, ti portano un file di Word e, dopo aver scambiato due parole, capisci che non sanno fare altro che inserire le note a pie di pagina in un file .docx. Eh, ma coi telefonini sono dei maghi.
No. Sanno dove si trovano i tastoni che pigiano quotidianamente, ossessivamente. Se glieli sposti, è finita. Lo sanno perché sono stati ammaestrati a trovarli, dallutilizzo ripetitivo, robotizzato.
Ci sono dei geni del settore, ce ne saranno. Saranno quelli che prepareranno la pappa per le generazioni future. Ai miei tempi, però, su 10 possessori di computer, ne trovavi 5 discretamente preparati, consapevoli. Presenti. Saranno sempre 5, oggi, ma diluiti tra 100.
La semplificazione informatica sta bene anche a me, ovviamente: voglio la comodità, limmediatezza, non auspico un ritorono alla barbarie degli albori. Sono vecchio, voglio riposarmi. Voglio guardare i cantieri.
*Unico strafalcione, a parte quella volta in cui, perso per la smania dellupgrade da Athlon XP1400 a XP1700, lasciai il vecchio processore senza ventola, facendolo bruciare in pochi secondi.
![Athlon 1700+ bruciato](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/10/nativi-digitali-03.jpg)
*Unico strafalcione, a parte quella volta in cui, preso dal sacro furore della formattazione, formattai un disco esterno da 500 GB al posto di una chiavetta usb.
*Unico strafalcione, a parte quelle volte in cui…
*By C*

View File

@ -0,0 +1,25 @@
+++
title = "Non abbiamo bisogno del 4k, non sempre"
date = "2021-11-23T11:17:18+01:00"
description = "È necessario sprecare archivio e banda per qualsiasi cosa?"
draft = false
+++
# Qualche volta.
Non sono un fanatico dell'alta risoluzione, non lo sono a prescindere. So che ne hanno bisogno per vendere nuovi televisori, nuovi monitor e biglietti del cinema a prezzi sempre più alti. Dimenticavo: pure tutto l'hardware necessario a giocare a simili risoluzioni, cpu e gpu di adeguato livello e console di N generazione.
Reputo inutile questa rincorsa alle risoluzione enormi, in molti casi. In settori più specialistici, quali quello medico (penso ai monitor in sala o a quelli per la visualizzazione dei referti), tanto per dirne uno[^1], niente da dire: certe volte, semplicemente, la risoluzione non basta mai, nei limiti intrinseci dell'occhio umano.
Fuori dagli usi professionali, invece, questa abbuffata di pixel è davvero necessaria? Per me, intuibilmente, no: non starei qui a vergare questo *rant*, come dicono i giovani.
Ora, uno dei settori più affamati di bit, fantastiliardi di bit, e di hard disk, fantastilioni di hard disk, è il carrozzone dello streaming, quello che si paga (uno dei cento servizi a cui versare l'obolo mensile) e quello che si paga diversamente (pubblicità, raccolta dati). Nel primo caso, chiaramente vorremo dei contenuti in 4k per i nostri sfavillanti televisori 4k, giusto? Non mi ci metto, in questo computo: non verso oboli mensili per lo streaming, ho un televisore, in cucina, con la stessa risoluzione ddel fornetto elettrico, sempre in cucina, e incompatibile col futuro prossimo del digitale terrestre.
E i "creatori di contenuti", ci metto delle virgolette, che stanno a caricare ore e ore di qualsiasi cosa, in 4k a 60fps, come fosse lo scopo ultimo della loro esistenza?
Punto primo: per quanti anni, ancora, Youtube & C. vorranno dar corda a un'utenza globale in grado di caricare centinaia di ore di video, ogni minuto di ogni santissimo giorno, ingurgitando giga su giga di filmati? Le loro strutture saranno in grado, infinitamente, di sopportare tecnicamente ed economicamente questa corsa alla risoluzione?
Punto secondo: TUTTI i nostri video, in streaming o meno, necessitano di una risoluzione sufficiente a mostrare i singoli peli della nostra barba, virilmente incolta? No, evidentemente. C'è una quantità esorbitante di testoline parlanti, gente che parla per ore, ore, ore, con l'inquadratura fissa sulla sua, bella o meno, capoccia, coi contenuti slegati dalla forma, tanta roba che potrebbe risolversi in un parsimonioso podcast[^2], passando dai giga ai mega: un ordine di grandezza minore, mica cotiche!
In ogni caso, direi che è ora di smetterla, dubito qualcuno sia arrivato sin qua: il concetto, comunque, spero di averlo veicolato a sufficienza. Non vorrei che anche questo testo scappasse dal recinto dei kB per finire in quello dei MB: gli ordini di grandezza contano.
[^1]: Sto barando: è l'unico che mi sia venuto in mente, mentre scrivo.
[^2]: Per le testoline parlanti, il 360p è sufficiente, non lo sarebbe sicuramente per le testoline parlanti che, per esempio, mostrano schermate del computer, testi a corpo piccolo e altro; il menu di un'applicazione, lo screenshot di una pagina web, in effetti, non renderebbero granché bene a risoluzioni preistoriche. Una schifezza pressoché illeggibile, lo concedo.

22
post/non-ci-sono-lavoratori.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,22 @@
+++
title = "Non ci sono più i dipendenti di una volta, dicono i datori"
date = "2021-11-12T09:50:23+01:00"
description = "I dipendenti dei miei tempi, mica come quelli di oggi"
draft = true
+++
## Gli operai di una volta, quella sì che era brava gente.
Qualsiasi dipendente, qualsiasi mansione svolgesse, per un mio ex-datore era un operaio. Che stesse in segreteria, davanti a un computer o a far funzionare un qualche macchinario: tutti egualmente operai.
Operaio era una parola che usava con sdegno, di quelle che poi devi sciacquarti la bocca, chissà che associazioni mentali facesse, quali immagini oscene gli si formassero in testa. Solo e sempre con la connotazione più negativa possibile, lamentandosi con un suo pari e apertamente, davanti agli stessi suoi "operai".
Un suo pari che, solitamente, dimostrava totale empatia; risuonavano alla stessa frequenza: che intesa.
Non se ne fregano di niente, quando si è fatta l'ora scappano, rubano (non lo diceva, ma si leggeva tra le righe), rispondono, vogliono contestare, fanno scappare i clienti. Continuate voi, immaginate qualsiasi meschinità si possa addossare a un dipendente e avrete solo peccato per difetto.
Com'è possibile che una persona del genere godesse come di un amore filiale, del rispetto che, una volta, si tributava agli anziani più saggi della comunità? A sentir parlare di sè questo figuro, sembrava di trovarsi al cospetto di una sintesi tra la rettitudine di un asceta e il carisma di un leader vero. Invece... sgraniamo il rosario degli invece.
Quando un lavoro veniva bene, era grazie a lui: "mi sono messo io vicino, ho fatto questo, ho detto così". Qualsiasi cosa andasse storta, era colpa dell'operaio e quasi ci godeva a farsene scudo, in mondovisione.
Non era capace di farsi pagare dai clienti, era bravissimo a restare a galla non pagando i dipendenti. "I clienti non pagano, come devo fare?"
Rapporto di lavoro tutto regolare (?), come sa essere regolare tutto il lavoro al Sud.
Quando si trattava di pagare, sembrava la passione di Cristo, la faccia della pietà, ti faceva sentire un vigliacco, l'essere più abietto dell'umanità. E pagava in un mese l'equivalente di una settimana, se tutto andava bene. Tutto in regola, come sa si riesce a essere in regola al Sud.

17
post/pac-man-arcade.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,17 @@
---
title: "Pac-man: come lo giocavamo"
subtitle: ""
description: "Come lo giovano, magari."
date: 2022-06-10
author: "D"
tags: ["videogiochi", "arcade"]
categories: [""]
draft: "false"
---
![Signora che gioca a Pac-man](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/06/pac-man-arcade.png)
[Dice che Pac-Man si giocasse così](https://retrobitch.wordpress.com/2019/02/12/pac-man-the-untold-story-of-how-we-really-played-the-game/), non come la signora della foto.
Legge e scoprirete, intanto riassumo: con la mano sinistra avvinghiata al cabinato.
*By D*

15
post/psi-warrior.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,15 @@
---
title: "PSI-Warrior"
subtitle: ""
description: "Un gioco misterioso."
date: 2022-06-10
author: "C"
tags: ["videogiochi" , "c64" , "commodore" , "C"]
categories: [""]
draft: "false"
---
![Psi Warrior](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/06/psi-warrior.png)
[Psi Warrior](https://href.li/?http://www.gb64.com/game.php?id=5991), ne avevo la cassetta originale (!), non ho mai capito come ci si giocasse. Aveva unatmosfera del tutto particolare.
*By C*

28
post/scrittori-statunitensi.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,28 @@
---
title: "Scrittori statunitensi alla ricerca di un passato"
subtitle: ""
description: "Antichi scrittori statunitensi, per identificarli con un aggettivo a loro caro e, da loro stessi, usato allo stremo."
date: 2022-08-30
author: "D"
tags: ["libri" , "letteratura" , "fantasy" , "fantascienza" , "sword and sorcery", "horror" , "D"]
categories: [""]
draft: "false"
---
![Cthulhu come immaginato da DALL-E](https://daruma.altervista.org/wp-content/uploads/2022/08/cthulhu.png)
**Antichi** scrittori statunitensi, per identificarli con un aggettivo a loro caro e, da loro stessi, usato allo stremo.
Parlo di **H.P. Lovecraft** e **Robert E. Howard**, in particolare: conosciamo tutti il primo, il secondo pure. Indirettamente, per opera della sua creatura più famosa: Conan il barbaro, protagonista del suo ciclo più fortunato e, azzardo, avendo letto ampia parte della sua produzione, anche il migliore. Tutti lo conoscono, anche per i muscolacci di Schwarzenegger. Non sappiamo chi ne abbia scritto i libri, o non ne ricordiamo immediatamente il nome, ma due braccia possenti, costantemente impegnate a mulinare uno spadone, le ricordiamo tutti.
La colpa primigenia, tra i due, la attribuisco a Lovecraft, al suo seminale ciclo dei Grandi Antichi, un immaginario potente scappato dalle pagine dei suoi libri e approdato ovunque. Divinità primeve, mostruosità comparse in un passato tanto remoto da portare un uomo alla follia, al solo pensiero. Eoni che si succedono, eoni così strani da vedere morire persino la Morte stessa, entità così primordiale da giocarsela col Tempo. Le vicende ributtanti di queste mostruosità, intergalattiche e interdimensionali, contaminano le locazioni arcaiche della geografia disegnata dal nostro: Innsmouth, Dunwich, Arkham, in particolare. Un triangolo geografico al centro di mostruosità di dimensioni galattiche, empietà inenarrabili perpetrate collateralmente da divinità folli, svogliate e disinteressate, capaci di emanare un male cosmico con la loro semplice, eterna presenza.
Ebbene, anche questi luoghi sono antichi: risalgono, addirittura, a qualche secolo prima! Ben poca cosa nella storia, non già dellumanità, ma anche della sola urbanizzazione; eppure, ne parla come si trattasse di Uruk o Nippur. Dallaltro lato dellAtlantico, forti di agglomerati umani ben più remoti, non possiamo che prendere atto di questa necessità bizzarra e sorriderne. La presenza storica sul territorio, le radici (termine che odio), non sono cose che si possano materializzare in così poco tempo, specie quando si tratta di territori occupati. Bisogna fantasticare e inventare, Lovecraft lha fatto.
E ha continuato a farlo, suppongo tra altri che non conosco, Howard, autore successivo di alcuni decenni, innegabilmente influenzato dal nostro, tanto da inglobarne le tematiche in buona parte dei suoi scritti o proporre dei racconti che potrebbero quasi sembrare apocrifi. Fan fiction diremmo oggi, probabilmente. La Pietra Nera, La cosa sopra il tetto, Sfida allignoto, Il fuoco di Assurbanipal, Zoccoli infernali: titoli fatti rientrare nel Ciclo di Cthulhu, col Necronomicon, il pazzo Alhazred e tutto quanto.
La bramosia di antico, in queste narrazioni, ancora è accettabile: sono rami che spuntano dallo stesso albero, i temi non si discostano di una virgola. Nel Ciclo di Kull di Valusia, invece, il ricordo di un passato immaginario diventa così sfacciato da sfociare nello stucchevole, appesantendo una prosa che già non brilla di suo. Omaggio (?), anche questo, alla funesta scrittura di Lovecraft: tanto potente limmaginario quanto goffe certe descrizioni e artefatti i dialoghi. Questi ultimi, tutti, sono chiaramente frutto di un soggetto totalmente disavvezzo alla conversazione diretta, vis-à-vis, con un suo simile.
Chiudo, riassumendo il Ciclo di Kull: azioni impossibilmente eroiche, spargimenti di sangue e budella e bromance, intervallati da dialoghi pestilenziali di bruti che non fanno altro che ricordarsi, a vicenda, lesistenza di (in)civiltà talmente antiche da mettere a rischio la ragione. Avvisaglie di nostalgia dellantico anche in Conan, ma molto più stemperate: tra i due barbari, indubbiamente quello invecchiato meglio.
*By D*

View File

@ -0,0 +1,35 @@
+++
title = "Social: la sciagura evolve"
date = "2021-11-12T09:50:23+01:00"
description = "I social hanno rovinato la società e la rovineranno ancora"
draft = false
+++
## La più grande catastrofe sociale degli ultimi decenni, non ho dubbi.
La prima versione di questo articolo si apriva con un'immagine raffigurante il ***Necronomicon***[^1], libro maledetto creato dall'arabo pazzo Abdul Alhazred, creato da ***H.P. Lovecraft***[^2] e motore di innumerevoli, empie, inenarrabili vicende nel corso degli anni, dei libri, dei fumetti, dei film, delle serie tv.
I più vecchi, lo avranno conosciuto incontrato in un libro, quelli meno vecchi nel film di Sam Raimi [^3], qualche videogiocatore nel primo episodio di Alone in the dark[^4] e i più giovani in una serie tv[^5].
Ci sono ***libri molto più dannosi***: uno in particolare, molto più reale, immateriale per natura, che sta facendo scempi della società, ne sta straziando le carni pur non essendo rilegato in pelle umana. A differenza del suo collega immaginario.
Impesta questo mondo "solo" dal 2004 circa (2008 in Italia), ma, in meno di un ventennio[^6], penso abbia causato il più grave, irreparabile danno alla società mai registrato. Non sono un sociologo, non sono colto, non sono istruito, non dovrei parlarne: procedo empiricamente, confronto il prima e il dopo. A livello mondiale.
C'è un prima e un dopo: c'era un prima in cui era più facile rendersi conto del proprio posto nel mondo, riconoscere dei limiti, capire quando è il momento di stare zitti, fermarsi e realizzare che, volenti o nolenti, dobbiamo vivere spalla a spalla coi nostri simili, riconoscere un'autorità, distinguere il vero dal falso, essere civili.
C'è un dopo, che è il mondo che stiamo vivendo: gente che ha perso quasi ogni contatto con la realtà, si sente a disagio in un contesto civile, non sa più viverci, abbocca a qualsiasi stupidaggine, vive per la rabbia e nella rabbia, crede e esige che il materiale venga trattato alla stregua dell'immateriale. Ho perso un amico in questo modo e in questo mondo; sembrava una persona dall'intelligenza normale, con una delusione e una certa inquietudine di fondo, come tanti: è sprofondato nel vortice, è diventato no vax, no green pass, negazionista di tutto, trumpiano, giustizialista, razzista, fascista inconsapevole, di quelli che accusano gli altri di fascismo.
Come tanti, ancora una volta. Diventano dei bot, null'altro in testa da mattina a sera, stanno togliendo il lavoro ai veri bot e agli spin doctor della propaganda (almeno loro si fanno pagare) che glorificano i sovranisti, fanno gioire per le vittime del mare e della miseria, spostano le elezioni, negano i risultati delle elezioni.
Tutto questo semplicemente collegandosi con un telefonino, ormai il mezzo d'adozione: cosa succederà, dovesse compiersi l'evoluzione in realtà virtuale, coi caschi venduti a prezzi accessibili a tutti? Cosa succederà, finiti a vivere la maggior parte della giornata in un mondo inesistente, sfrenato e illimitato? Come si comporteranno, queste menti deboli, una volta sfilato il casco?
Come se avesse ancora il casco.
Il discorso vale, più o meno, per tutti i social popolari: le dinamiche non si scostano di molto, cambia la magnitudine dell'estremizzazione. Il fediverso come unica alternativa sensata, poi torneremo, forse, su Mastodon[^7] e LivelloSegreto.it[^8].
Chiudo: ***Metà della distruzione si è già compiuta: resta la seconda meta.***
[^1]: https://it.wikipedia.org/wiki/Necronomicon
[^2]: https://it.wikipedia.org/wiki/Howard_Phillips_Lovecraft
[^3]: https://it.wikipedia.org/wiki/La_casa_(film_1981)
[^4]: https://it.wikipedia.org/wiki/Alone_in_the_Dark_(videogioco_1992)
[^5]: https://it.wikipedia.org/wiki/Ash_vs_Evil_Dead
[^6]: Quanto orrore si può accumulare in un ventennio? ***Troppo.***
[^7]: https://joinmastodon.org/ - https://mastodon.uno/about *la più popolata istanza italiana*
[^8]: https://livellosegreto.it/ - https://livellosegreto.it/about *la più gioiosa istanza italiana*

41
post/stagioni-diverse.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,41 @@
---
title: "Stagioni diverse, molte stagioni dopo"
subtitle: ""
description: "Gli anni passano, i gusti cambiano, gli scrittori invecchiano e inacidiscono, noi con loro."
date: 2022-10-18
author: "F"
tags: ["libri" , "riflessioni e filippiche" , "F"]
categories: [""]
draft: "false"
---
Ho un'edizione del 2000 di **"Stagioni diverse"**, antologia di quattro racconti di uno dei miei scrittori contemporanei preferiti, autore di libri che fanno parte di me. Il ciclo delle Torre Nera in particolare, per motivi che non spiego. Parlo di **Stephen King**, ovviamente.
Le stagioni, è il caso di dirlo, sono andate e tornate un buon numero di volte, ora che sto rileggendo questo titolo, un epub caricato su un tablet. con la versione in carta e ossa che ancora svetta in soggiorno.
Ho venduto e regalato centinaia di libri, diversi di King mi hanno seguito nel trasloco in un'altra regione, sopravvivendo a un viaggio temporale che mi ha visto passare da giovane di belle speranze (?) a ometto che ha già vissuto, con certezza matematica, ben più di metà della sua vita e che, altrettanto matematicamente, sa di non potere/dovere riporre più speranze nel tempo che gli resta.
Stephen King, o chi per lui, intanto continua a scrivere. Potrebbe andarsene in pensione, immagino ne senta ancora il bisogno. La versione di "Stagioni diverse" in carta e ossa ancora svetta in soggiorno. Sopravvissuta alle vendite, alle regalie e al trasloco.
Il primo racconto, quello da cui hanno tratto "Le ali della libertà"[^1], ha retto benissimo. **"Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank"**:
bello oggi come lo era allora, leggendolo ho pensato a quanto fosse impietosa la comparazione coi suoi scritti recenti.
Le storie carcerarie, si sa, hanno sempre il loro fascino, fascino che aumenta in maniera esponenziale quando il protagonista è innocente. Quasi sempre, quindi: c'è questo poveraccio incastrato, assolutamente estraneo, o colpevole di aver agito come avremmo fatto noi, non come avrebbe voluto la legge.
Il protagonista sopporta anni di angherie, ma vince infine e noi vinciamo con lui. Vale anche per questo libro/film.
In generale: ben scritto, come sapeva scrivere King, descrittivo ma senza cadere nell'eccesso, interessante dall'inizio alla fine, un racconto a cui appiccicarsi come alla carta moschicida.
La stagione è quella dell'eterna primavera della speranza.
Segue **"Un ragazzo sveglio"**, che pure ha generato un film, non l'ho visto ma l'ho riletto. Non all'altezza del racconto precedente, ma va via liscio.
L'estate della corruzione.
Poi, **"Il corpo"**. Anche stavolta, ispiratore di un film, "Stand by me". Quando lo lessi la prima volta, ero nella fase bulimica del lettore: accumulare libri su libri, finirli rigorosamente anche se diventavano uno strazio, totalizzare pagine. Ora no, basta. Nel corso degli anni, e delle letture (tante, irregolari e sbrigative), ho maturato una certa insofferenza per l'eccesso di informazioni, lo spiegamento patologico i dettagli: ok, "show, don't tell", ma anche al mostrare bisogna porre dei limiti.
Mettendo da parte King, per qualche minuto, il problema penso sia enorme, in tempi moderni, in generi quali la fantascienze e il cyberpunk. Anche qui, a cascarci sono pure i maestri, desiderosi di sovraccaricare la percezione del lettore con un numero incalcolabile di puntualizzazioni, scadendo spesso in un ridicolo fantababble. Se stai scrivendo bene, non hai bisogno di ricordarmi ogni tre parole dove siamo, con chi siamo e in quale anno siamo. Se mi dici di un tizio intento a digitare qualcosa, non mi interessa partire dalla tastiera per arrivare a un multinazionale guidata da un'intelligenza artificiale, ai comandi di un esercito di cyborg guidati da una mente collettiva, così come non devi farmi la radiocronaca quando dei ragazzini giocano a baseball, citandomi i punteggi di 20 annate e vita, morte e miracoli di Joe DiMaggio.
Puoi farlo all'inizio, per introdurmi in quell'ambiente. Puoi rifarlo qualche altra volta nel corso della storia, per rinfrescarmi la memoria. Non puoi farlo per centinaia di pagine.
Non ci interessa dove sia stata comprata quella ciambella mangiata a metà, per quanti giorni sia rimasta a coprirsi di mosche dopo esser stata buttata sulla statale dal finestrino semisocchiuso, non ci interessano le generalità del lanciatore di ciambelle e vogliamo il resoconto dei tagliandi della sua macchina.
Sarebbe l'autunno dell'innocenza.
L'ultimo, **"Il metodo di respirazione"**, è una storia d'inverno, quasi saltato a pie' pari. Giusto le pagine iniziali.
Anni fa, ero tra i molti che ritengono obbligatorio finire qualsiasi libro, anche quando le parole remavano vigorosamente contro, poi ho capito.
Sempre anni fa, nonostante la bulimia da decine e decine e decine di pagine al giorno, trovavo in certi libri un qualche passaggio, anche breve, in grado di saziarmi per quella giornata: l'ho realizzato, la prima volta, proprio mentre leggevo "Il corpo".
Ho cercato di ritrovare quel passaggio, di ritrovare una porziuncola di quella sazietà. Niente.
*By F*

17
post/the-eternal-castle.md Executable file
View File

@ -0,0 +1,17 @@
---
title: "The Eternal Castle"
subtitle: ""
description: "La CGA vive ancora."
date: 2022-06-10
author: "D"
tags: ["videogiochi" , "cga" , "D"]
categories: [""]
draft: "false"
---
{{< youtube OkWdaz6Ut2s >}}
### [The Eternal Castle [REMASTERED]](https://www.theeternalcastle.net/).
Meraviglioso.
*By D*